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Fontamara
 
Fontamara 2014-08-31 09:58:39 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    31 Agosto, 2014
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Le stranezze, quando cominciano, chi le ferma più?

Un centinaio di case fatiscenti disposte in maniera irregolare, come un gregge di pecore, dominate da una piccola piazza e dal campanile di una chiesa senza prete: questa è Fontamara, misero centro rurale del Fucino interamente abitato da “cafoni”, cioè da contadini poveri e ignoranti. Qui la vita scorre immutabile da secoli, il tempo è segnato dal succedersi delle varie fasi della coltivazione quali la semina, la solfatura, la mietitura e la vendemmia. I soprusi e le iniquità contro questa gente sono ormai all’ordine del giorno, tanto che i fontamaresi le considerano alla stregua della pioggia, della neve, del vento. L’abitudine a subire le più crudeli ingiustizie, la consapevolezza dell’immutabilità della propria condizione, l’amara rassegnazione ad essere considerati più in basso dell’ultimo gradino della scala sociale, l’ignoranza e la paura di compromettersi impediscono ai contadini di ribellarsi, di cercare di farsi rispettare, di far valere i propri diritti. Cambiano i governi, cambiano le leggi, ma per i cafoni non cambia mai niente, se non in peggio. Ora siamo sotto il governo fascista e una serie di fatti anomali caratterizzano l’estate fontamarese, tanto che la povera Matalè sarà costretta ad esclamare sgomenta: “le stranezze, quando cominciano, chi le ferma più?”. Tutto ha inizio una sera di giugno, quando ci si accorge che al paese è stata tolta l’illuminazione elettrica. Nessuno però si scompone, a nessuno viene in mente di protestare. Ma a questa privazione succederanno altri abusi, ancora più gravi, che costringeranno gli abitanti di Fontamara a prendere coscienza di sé e a cercare riscatto da questa condizione di umiliazione e sottomissione. Ma l’impresa non sarà per niente facile e la tragedia è lì che aspetta dietro l’angolo. Una storia cruda che fa indignare e riflettere, suscitando rabbia e commozione ma riuscendo anche a strappare qualche sorriso di simpatia e tenerezza verso questa povera gente. Silone affida la narrazione a tre dei protagonisti, persone che considerano l’italiano una lingua straniera, se non una lingua morta. Il racconto che ne scaturisce è quindi semplice e ricco di folklore contadino, perciò incredibilmente realistico e capace di creare una forte empatia. La denuncia dell’autore è totale. Naturale e lampante quella nei confronti del regime fascista, con i suoi metodi iniqui e violenti, e di chi lo segue ciecamente diventando nemico di gente con la quale ha condiviso fino a ieri la stessa misera sorte. Quella verso gli stessi cafoni, che siano fontamaresi o di qualunque altro posto d’Italia o del mondo, colpevoli di essersi svegliati troppo tardi e di aver subito in silenzio per troppo tempo. Quella, forse più importante e attuale di tutte, nei riguardi di quei governi troppo spesso vicini agli interessi economici di pochi privilegiati a scapito di chi invece vive in situazioni di indigenza, di necessità e di insufficienza sempre più forti, in nome di quella religione spietata e cinica che è il guadagno. “Si, ma con un altro Dio, rispondeva Berardo ridendo. Il vero Dio che ora effettivamente comanda sulla terra, il Denaro. E comanda su tutti, anche sui preti come don Abbacchio, che a parole predicano il dio del cielo. La nostra rovina, aggiungeva Berardo, forse è stata di aver continuato a credere al vecchio dio, mentre sulla terra adesso ne regna uno nuovo”.

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Commenti

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L'ho letto molti anni fa... e ricordo solo che mi piacque moltissimo. La tua bella recensione mi ha suscitato qualche timido ricordo. Mi tocca riprenderlo...
Ciao Enrico.
Grande idea quella di recensire Silone (ho trovato molto bello il tuo commento, che evidenzia la portata 'civile' del testo).
Purtroppo l'autore oggi e' piuttosto dimenticato, eppure riserva sorprese, anche di buona leggibilità', come ad esempio in ''Vino e pane''.
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