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Un bambino in fuga
Roderick Duddle, giovane orfano, ha ereditato dalla madre una vita sventurata.
Ottocento inglese, foto in bianco e nero delle due facce della medaglia: i palazzi dorati dell'aristocrazia ed i bassifondi cittadini dove sono confinati gli umili ed i derelitti.
Si annusa da subito una sensazione di déjà vu, un'ambientazione perfetta e vivida che porta alla memoria celeberrimi romanzi della letteratura inglese.
Eppure occorre procedere ed immergersi senza pregiudizi tra le numerose pagine del romanzo di Michele Mari per comprendere la volontà dello stesso di trarre dagli autori del passato, materia da riplasmare a piene mani e con una forza creativa notevole.
Lo spunto non originale della trama, viene sorpassato dalla messa in scena di una galleria vasta e multicolore di personaggi, dipinti con cura e colti nella pienezza del loro essere arroganti, malfattori, egoisti, immorali e traditori, ma anche indifesi, deboli e reietti.
Una marmaglia di furfanti siano essi nobili o servi, laici o badesse, soldati o prostitute cui si frappongono creature sfortunate.
L'autore rappresenta un'umanità cupa nei valori, uomini e donne assetati di denaro, disposti a tutto per evadere dalle prigioni in cui il destino li ha relegati.
Vite al limite e al confine della dignità, della moralità, della giustizia.
Impossibile non riconoscere a Mari la creazione di un quadro colmo di volti e di voci, un quadro sempre in movimento, una storia che muta rapida e richiede attenzione da parte del lettore,il quale viene sollecitato e richiamato numerose volte dalla voce narrante, facendolo sentire parte del racconto e stuzzicando l'interesse al prosieguo della vicenda.
Inoltre Mari adotta una tecnica narrativa che prevede repentini cambi di scena e di ambientazione, grazie alla scrittura di micro-capitoli che come gocce d'acqua confluiscono in un unico torrente.
Ottimo l'eloquio che dona all'opera una fragranza classica ed elegante, senza rinunciare tuttavia ad un tono ironico di sottofondo, lontano da intenti moralistici bigotti o da ambizioni di ricerca storica o sociologica.
Un lavoro godibile, a tratti intenso a tratti un po' prolisso, che mostra le buone doti di scrittura dell'autore, il quale seguendo un solco narrativo già tracciato va alla ricerca di una propria chiave espressiva.
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Commenti
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Lo penso davvero.
È sempre sbagliato, a mio avviso, accostare di netto un autore contemporaneo ad un autore di qualche secolo prima, nonostante ne sia stato ispirato. Non penso, quindi, che avrei intrapreso quella strada. Non ci sono le condizioni giuste per farlo. Interessante sarebbe invece, cercare di carpire il modo in cui Dickens ha influenzato l'autore, quale romanzo si nasconde tra le righe e come ha sviluppato le tematiche e i contesti rivestendoli di modernità. Ti dirò....vorrei farci un serio pensierino ma lo dico sempre e poi non lo faccio perché ho talmente tante cose da leggere di mio che è sempre difficile prendere in considerazione i consigli degli altri lettori. Vedrò....posso dirti solo questo. :)
Dell'autore ho sentito parlare, ma non ho ancora letto nulla.
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sicuramente la tua sarebbe una critica costruttiva ed interessante, perchè hai un bagaglio che ti consente di valutare la reinterpretazione di Mari del grande romanzo ottocentesco....
a me non è dispiaciuto, con la consapevolezza che è impossibile la pretesa di trovare tra queste pagine un Dickens, penso che lo stesso Mari non lo vorrebbe....