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Come un respiro interrotto di Fabio Stassi
Un romanzo come una melodia. Non solo perché tutto si svolge intorno alla voce soave di Sole, la protagonista, ma per l’uso impeccabile della lingua italiana da parte dell’autore, Fabio Stassi, che crea un’armonia di suoni, densi di significato, dove la metafora sempre equilibrata e spontanea non ricerca l’effetto, ma accentua l’efficacia dell’immagine.
Si ha l’impressione, leggendo questo libro, di essere di fronte al fluire di rivoli che sgorgano da sorgenti diverse, per convergere in un unico ruscello che scorre con un alternarsi di suoni, ora più acuti, ora più dolci, ora stridenti, secondo gli ostacoli o le anse che incontra. E ogni rivolo è un personaggio, con la sua vita, con le sue illusioni e delusioni, i suoi amori e i suoi dolori. E ognuna di queste vite si snoda, attraversa e segna la vita di Sole che accoglierà in sè ogni singola esperienza e la farà sua, rivivendola e rivisitandola con sensibilità e delicatezza.
È un romanzo questo sulle speranze e le disillusioni di un gruppo di giovani, impegnati politicamente e socialmente negli anni settanta, una storia che descrive senza rabbia, ma con dolore e rammarico quanto si possa soffrire nel vedere traditi i propri ideali. “E non è colpa nostra se a fare carriera sono stati soprattutto quelli che hanno tradito, che si sono fatti travolgere dal riflusso, che si sono piegati all’individualismo.” Sono queste le parole più esplicite che esprimono il dolore di una generazione ingannata che si è persa nelle strade del ripiego e del compromesso. E le esperienze esterne si intrecciano a quelle familiari, gli amori che si incontrano e si perdono si alternano alle malattie e alle morti dei genitori e dei parenti. Eppure i vincoli affettivi sono così forti, sia verso le persone sia verso le cose che Sole, abbandonando la casa in cui ha vissuto per tanti anni, sente il bisogno di incollare un post-it in ogni luogo in cui era un mobile, uno specchio, una suppellettile, per combattere quel vuoto definitivo che reca l’abbandono. Perché questo è un romanzo, come dice lo scrittore stesso, più sulla mancanza che sulla nostalgia. Ed è questo il motivo per cui Sole, ormai matura, canta: “Perché Sole non cantava, non aveva mai cantato, per nostalgia. Sole cantava la mancanza …. La nostalgia aveva a che fare solo con il passato …. La mancanza, invece, apparteneva al presente, era il sentimento di una menomazione. La prima riguardava i reduci, la seconda i mutilati.”
È questa la storia di una vita, di tante vite, finite così come un respiro interrotto, vite incomplete, come tante. Un romanzo che non può né deve essere letto tutto d’un fiato. Va centellinato, assaporato. Bisogna abbandonarvisi come ci si abbandona a una melodia, e lasciarsi trascinare, per poi credere quasi d’averlo letto a occhi chiusi.
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Il libro, di cui parli, è sicuramente valido: sa di autenticità; gli effetti artistici scorrono 'naturalmente' senza affettazione... : tutte qualità che apprezzo molto.
Il mio problema consiste nella difficoltà di orientarmi, nell'ampia produzione attuale, per individuare i nuovi capolavori. Per questo spesso mi rifugio al sicuro in libri selezionati dal tempo. Però, alternare questi a quelli e ' farli dialogare' sarebbe bello.
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proprio ieri lo menzionavo in un commento in tema di candidati ai premi letterari, poichè lo scorso anno l'ho conosciuto grazie alla candidatura al Campiello.