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“L’Aquila bella me, te vojio revete”
Sin da subito sono stata attratta dalla bella copertina e dal titolo così compiaciuto che mi fa ricordare una classica espressione di apprezzamento tipica dell’agrigentino “bella me”. D’altra parte la grafica e le copertine che la Elliot sceglie mi piacciono sempre.
“Bella mia” è un inno alla vita, alla persona che amiamo, alla terra che ci accoglie, è la ricerca spasmodica della speranza, della ricostruzione dopo l’abbattimento del disastroso e indimenticabile terremoto che ha colpito l’Aquila. E’ una confessione intima e struggente di chi è rimasto illeso nel corpo, è l’urlo straziante di una donna che vede morire la sorella gemella e che a piccole dosi vede crollare il mondo che la circonda e il resto della famiglia che le rimane. E’ una dura prova di sopravvivenza, di dettagliate situazioni che Donatella Di Pietrantonio spulcia con pochi mezzi, ma quelli usati sono parole dettate da un’intima narrazione quasi scarna e dolorosa tanto quanto è stata la violenza del terremoto che ha raso al suolo case, persone, oggetti e le affezioni della propria terra natia. E’ la dura prova che l’uomo deve sostenere prima con se stesso e poi con chi gli sta accanto per elaborare il complesso concetto della perdita improvvisa. Una risalita dalle macerie, un piacevole ricordo che riemerge nella mente osservando la tanto desiderata felpa gialla dei Simpson dell’ultimo compleanno di Marco, stesa sul filo esterno della biancheria nella zona rossa vietata al pubblico e ai residenti, oppure un vasetto di alici che tristemente staziona sopra una mensola risparmiata dal sisma e che Olivia non mangerà più.
Cosa resta di noi se un terremoto ci portasse via tutto quello che amiamo? Si diventa ladri in casa propria, furtivi e impietriti dai propri ricordi come quelle mura diroccate che non hanno più anima, si diventa “deportati “ presso le C.A.S.E. provvisorie e facili all’usura pure quelle. L’autrice lo delinea con un linguaggio a tratti severo ed empatico, lasciando lo spazio essenziale alla rabbia e alla morte dell’anima che solo col tempo può tornare a rivivere e trovare la forza e il coraggio per andare avanti e ricominciare tutto daccapo. In silenzio, urlando dentro se stessi e riallacciando gradatamente e senza rancore i lembi amputati da chi ha reciso la dignità senza altra alternativa o via di scampo.
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Commenti
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mi fa piacere apprendere che tra i titoli esclusi dello Strega c'era qualcosa di meritevole!
argomento davvero triste, ma assolutamente realistico.
credo che siano cose difficili da capire per chi non le ha vissute.
complimenti ciao paola
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