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La morte: prima, dopo e durante
Questo è il diario della morte di Dorotea Giglio (1986 – 2011), un grido di aiuto, lei si affida a noi lettori. Un’esistenza zoppicante, incubi, urla silenziose, tragedie mai appartenute sferrano duri attacchi alla quotidianità, mente e corpo seviziati da passati funesti. Una madre depressa, una figlia ereditiera di quel male, una vita innocente segnata all’origine da colpe e assenze altrui, come la zia suicida, accolta a braccia aperte dalle acque del fiume.
Seducente la morte, promette la fine di tutto. Truffaldina la morte, libera solo dal peso corporeo. Fantasmi svolazzanti nella dimensione terrena, perdono gradualmente le capacità sensoriali e cognitive. La giostra continua a girare, posti occupati da entità, il bar è aperto, gli avventori sono trasparenti. Capita che si urtino i vivi e i morti, i primi impazziscono, gli altri si entusiasmano. Sognatori, credenti nell’aldilà, seguaci della reincarnazione si ritrovano protagonisti di una vita non vita, amputata dal vero senso della parola, c’è tolleranza fra di loro, suicidi, morti violente, ammalati, sono tutti sulla stessa barca, nell’attesa del nulla o forse di tutto. Intanto, il sarcofago che li ha sorretti prima del trapasso, si svuota, un horror show, danno e beffa a portata di mano, lo spettacolo è aperto a tutti i residenti del cimitero.
Leggere questo libro è una sofferenza. Voltare le pagine e bere avidamente ogni parola è doveroso e irrinunciabile. La penna poetica e cruda incanta, colpisce con durezza, stupisce e addolora. Viola di Grado è abile a giocare e a lavorare con le parole. La trama è originale, ci sono alcune imprecisioni ma non intaccano la qualità e la riuscita del romanzo, le pagine sono poche e si lasciano divorare.
Concludendo, ne consiglio la lettura, una giovane scrittrice che merita attenzione.
“Ecco la cosa peggiore della morte: il razzismo del linguaggio umano. Mentre i vivi si abbuffano di presente indicativo, a noi spettano solo avanzi ammuffiti di passato remoto. Per ricevere un po’ di verbo presente bisogna necessariamente avere al petto il tesserino osceno di un cuore palpitante.”
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Commenti
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Brava Sary.
Tra l'altro ho il libro, mi era piaciuto il primo della Di Grado. Ora si tratta di trovare il tempo di leggerlo.
Ps. Grazie per Terzani, se mi son messa a leggerlo e' stato per il tuo invitante commento su UN INDOVINO MI DISSE, e' un autore che fa proprio al caso mio ;-)
@Gianfranco: sempre gentile
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un romanzo che viene percepito diversamente a seconda del lettore; io l'ho apprezzato come te