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IL FOLLE AMORE CHE SALVA
Un romanzo classico, un romanzo verista. Ogni tanto se ne sente il bisogno, non si può vivere di soli sperimentalismi e come lettori arriva sempre il momento di dire: basta, ora leggo un libro che m’immerga in una storia, che mi faccia pensare ma che scorra, che mi culli e mi faccia sentire bene.
“Fin dove si scorge il mare”, di Clemy Scognamiglio, ed. I Sognatori, è un libro così.
Storie di amori impossibili che s’intrecciano con la Storia (l’Ottocento del nostro Meridione), raccontate con uno stile avvolgente e sofisticato, che usa un italiano di rara eleganza, senza essere mai “vecchio” o peggio ancora scolastico.
Un esempio su tutti, all’inizio del romanzo: “La notizia del diploma aveva posseduto la stessa forza di filo d’aria…da refolo sottile e deflagrante, fu capacità di ciottolo in discesa” (pag. 7).
Un italiano che l’autrice abilmente mescola alle espressioni dialettali della gente di paese, per rendere credibile e sostenere maggiormente la commozione che si snoda lungo le 158 pagine del racconto. Nell’intreccio di queste storie abbiamo modo d’incontrare Francesco, il figlio del barone locale “che non bastava a suo padre”, affetto da balbuzie perché “i pensieri più importanti divenivano cemento impastato nella bocca”. Il popolano Martino, a cui “l’ingiustizia garantiva che non sarebbe morto come suo padre, perché non avrebbe ricevuto istruzione e quindi consapevolezza”. Filomena “la Malata”, “colei che da anni incupiva la casa e il paese”. Immacolata, la madre-balia che “scelse di barattare il dolore con il silenzio”. Jacomo, il marito e padre , “senza soprannomi, colui che per un pugno di mosche s’era giocato la vita”.
Intorno a loro, che hanno vita come persone reali e pare di toccarli, di averli accanto, altri personaggi minori fanno la loro apparizione, contribuendo a costruire una scena universale e ad abbandonarla come visioni ma lasciandosi dietro un segno: il padre di Immacolata, l’amica Teresa e Giacinta la ribelle, la moglie francese del barone, il medico condotto. È un intero mondo, fondato sulle contraddizioni: da una parte l’opificio della seta, che rappresenta lo sviluppo industriale, con le ragazze in balia delle maestre e della violenza del padrone, povere e chiacchierate, sfiorite dal lavoro e dalla disillusione; dall’altra il microcosmo di un paese arroccato e immerso in un sistema ancora feudale; poi Garibaldi e i briganti; le sirene incantatrici dell’America e il tragico destino dei migranti; i sogni di tutti che rotolano e intanto passa la vita.
Su tutto, il folle amore che salva. E che sembra essere l’unica cosa che resta, alla fine della vita e del mondo.