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I NOSTRI ANTENATI
Questa trilogia coniuga alla perfezione la fantasia alla fiaba, la logica narrativa del possibile e verosimile all'impossibile: il primo racconto "Il visconte dimezzato" fa suoi questi temi che saranno sviluppati in opere successive. Il visconte Medardo di Terralba durante la guerra tra Austria e Turchia è diviso in due da una palla di cannone. Due distinti personaggi, il Gramo e il Buono, derivano da questo personaggio. L'uno si dedica sistematicamente al male, l'altro al bene. Alla fine gli opposti torneranno a riunirsi grazie a un miracoloso intervento chirurgico ed ai sotterfugi dell'astuta Pamela che si era promessa in sposa ad entrambi. Il secondo racconto, "il barone rampante", è incredibile e si muoverà per linee orizzontali, occupando però una posizione "sopraelevata". Qui il rifiuto delle regole preconcette, il discostarsi da ciò che è considerato la normalità emerge con ironia e semplicità. Il motivo del doppio tanto caro alla narrativa otto-novecentesca è in Calvino appariscente, egli struttura il racconto ispirandosi soprattutto a Stevenson ed alla narrativa settecentesca di Rudolph Raspe col suo barone di Munchhausen. Fuga, accettazione delle diversità e disobbedienze sono significative perché diventano disciplina morale più difficile e rigorosa di quella a cui ci si ribella. Vi si può leggere anche una metaforica raffigurazione dei compiti dell'intellettuale, che ottiene una lungimirante consapevolezza solo staccandosi dai pregiudizi della società, con il conseguimento di un punto di vista più chiaro, libero e indipendente: disubbidire al padre significa anche, allora, rifiutare il principio di autorità. Nel terzo ed ultimo romanzo di questa trilogia, "il cavaliere inesistente", il personaggio principale viene svuotato e lo si riduce a un puro involucro esteriore: un'armatura di metallo, che costituisce l'unica corporeità di Aginulfo dei Guildinverni, un essere invisibile che sente, pensa ed agisce. Qui Calvino si confronta con i meccanismi delle strutture narrative, mettendole in moto anche al di là della consistenza del personaggio. Aginulfo potrebbe essere il fantasma dei nostri sogni e desideri, delle nostre speranze, ma anche l'emblema del vuoto che c'è dentro di noi, dei rischi - per l'uomo - di ridursi a un essere meccanico. Ma si può vedere anche la difficoltà di conciliare l'astratta razionalità con la dimensione concreta dell'esistenza: il progetto è destinato alla sconfitta, quando venga meno la forza di volontà; così Aginulfo si ucciderà ai piedi di una quercia, dissolvendosi .
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Bruno