Dettagli Recensione
Bello sino ad un certo punto
Questo libro tratta un tema interessante: la solitudine. I protagonisti sono soli, ma scelgono di essere asociali, quindi non vengono rinnegati dalla società come spesso succede al giorno d'oggi.
"La Solitudine Dei Numeri Primi" è un romanzo che si presenta bene, tutto sommato. Essendo un primo romanzo, si notano alcuni alti\bassi durante il racconto. Ci sono parti che scorrono veloci, altre che vengono descritte con una tale precisione, da diventare quasi noioso. Il tema della solitudine viene trattato in modo brusco, portando esempi "al limite" della vita degli adolescenti, descrivendo talvolta alcuni eventi particolari con tale scioltezza da risultare apparentemente irrilevanti. Fatto sta che il libro rimane scorrevole, sino a che si parla dell'adolescenza. Quando, attorno alla pagina numero 120, si inizia a parlare dell'età adulta dei protagonisti, il libro diventa noioso. Anzi, Pesante, con la P maiuscola. Tutta la voglia di arrendersi, di mollare e di fuggire classica dell'adolescenza, viene riflessa nell'età adulta dei personaggi. Il racconto diventa macchinoso, senza avere più uno scopo o niente da raccontare. Sono pagine e pagine di parole, scritte a caso, che non vogliono più dire niente. I personaggi non si evolvono, rimangono al loro stato "larvale", senza cambiare atteggiamento. Per questo il libro diventa scialbo, senza dare l'appiglio giusto per continuare a leggere. Credo che Paolo Giordano volesse usare il linguaggio degli scrittori Giapponesi, come i primi dei Murakami, che usavano linguaggi crudi per descrivere situazioni realissime dell'epoca. Le situazioni che descrive l'autore, invece, sono praticamente fuori dal mondo, cose che non succedono. Mancano anche le descrizioni dei personaggi. Non si possono scrivere centinaia di pagine su due persone senza neanche dire come sono "fatte".