Dettagli Recensione
Amore nonostante tutto.
Sono Amore ed Eros i temi del romanzo “L’amore malato” di Roberto Patruno.
Nella sua prefazione al libro, Kreszenzia Gehrer ci parla di questo amore che assume sembianze e fattezze diverse nello svilupparsi del racconto: il volto della madre e delle sue cure, il corpo sensuale e irresistibile di Titti, poi l’illusione, la disillusione e l’amore che diventa riparo dalla gelida solitudine. Infine l’amore profondo e finalmente maturo con Alina che, nel farsi alleanza a due contro il mondo che sembra capitato in sorte, ma che in realtà hanno scelto, li sostiene in quella loro battaglia per la sopravvivenza.
Arriva d’improvviso, l’amore, lacerando la patina di tutto ciò che è consueto e si ripete costante. Si presenta sotto le fattezze di Titti – la spinta propulsiva della vicenda del protagonista – seduta a un tavolino mentre legge assorta circondata dall’aria di quella Taranto così amata da Mino, respirata ogni giorno con gli stessi polmoni da sempre, da quando era ragazzo e nella quale era sprofondato con la morte del padre
Quello raccontato dall’Autore è un amore che non si imbarazza delle proprie carni e che anzi fa del corpo nudo non qualcosa da nascondere, mortificare e di cui vergognarsi, ma il mezzo supremo da celebrare nella sua totale e sublime bellezza. Anche quando il corpo si fa brutto, stanco, sporco, umido e malato. Anche quando la mente si allontana dal recinto della ragione. Rimane il tramite attraverso il quale sentirsi, percepirsi ancora vivi, conoscersi, entrare a fondo con forza nella materializzazione di quel sentimento ascensionale che avvinghia, unisce, colma, svuota, ricongiunge e poi rilascia brutale come un colpo di fionda.
Resta un interstizio in cui le parti non combaciano perfettamente e in cui s’insinua quella porzione di destino che non si può calcolare né prevedere. Un interstizio in cui la ricerca spasmodica della ricongiunzione originaria porta Mino a perdere se stesso. E a ritrovarne un altro.
L’amore è di per sé, in modo congenito, una forma di aggressione, se è vero quel che dice Edgar Morin: «Io ti amo, io ti mangio, io ti uccido». Con quel suo fare irresistibile che vuole solo una cosa. Desidera quegli occhi che stanno di fronte a lui, desidera essere riconosciuto e legittimato nella propria irriducibile unità.
Al fondo di tutta la storia del giovane Mino rimane una lettera, indirizzata a quel primo amore di qualsiasi uomo: alla madre.
Oltre il compimento del destino individuale di Mino rimane aperto il compimento del destino storico dell’uomo e con questo sono in ballo i suoi interrogativi.
Che cos’è in fondo “l’amore malato”? È amore. Nonostante tutto.
«Eri tu nel letto dell’amore che sussurravi menzogne | appassionate mentre | con le unghie | mi spingevi dentro» (Charles Bukowski, La canzone dei folli).
E così, nel raccontare quell'amore che si è impossessato di Mino fino a sconvolgergli la vita, la prosa corre snella, veloce e graffiante, catturando il lettore sin dall'inizio e conducendolo fino all'epilogo senza cali di ritmo né di tensione.
Un racconto ben scritto e con alcuni brani (specie nella seconda parte, quando il protagonista entra nel mondo dei senza tetto) che raggiungono livelli di alta intensità e poesia.