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Il povero Agostino
Giudicato dai più “romanzo di formazione”, Agostino è un espediente psicanalitico per affrontare lo spauracchio dell’impotenza sessuale. Moravia è abilissimo nel trasferire questa dubbiosità all’italiana sull’insicurezza di un adolescente al suo debutto in società (la banda dei ragazzi poveri): il sospetto che l’incivilimento borghese sottragga all’Uomo qualcosa di vitale è elaborato per mezzo della spietata competizione che vede il protagonista (di famiglia agiata) soccombere. La sua raffinatezza è un handicap su tutti i fronti, diventa la metafora di una superiorità “debole”, svirilizzata rispetto alla brutalità e alla malizia degli altri ragazzi. Percosso, dileggiato, sconfitto a braccio di ferro, Agostino è preso di mira dal bagnino pederasta, e, in un’angosciosa gita in barca, lo respinge. La banda però non gli crede, e lui si conferma l’ultimo dei maschi.
Lo sfondo di questo fallimento è incestuoso: la madre da cui Agostino si allontana, ingelosito e perdente al cospetto del suo nuovo fidanzato. Tuttavia, rispetto al motivo dell’impotenza, quello dell’incesto è più fiacco, pruriginoso. Al di là dei rimandi edipici, la Madre è troppo avvenente per assurgere al simbolico: una Giocasta di un metro e quaranta e centoventi chili metterebbe in crisi il Mito, e gli stessi specialisti. Moravia però non si lascia prendere la mano, e dà al suo acerbo Edipo l’antidoto: un bordello in cui sostituire alla mamma... una puttana.
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Commenti
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In fondo, ritengo, Moravia qui ha scritto un bel romanzo, in cui emerge un'analisi profonda sulla complessità dei vissuti nel periodo della pubertà. Il ritratto del protagonista, che viene delineato, è pieno di dignità e non è per nulla 'compassionevole' .
Condivido, del tuo commento, l'individuazione dell'approccio psicoanalitico dell'autore: Moravia conosceva bene Freud.