Dettagli Recensione
Due universi, due solitudini.
E’ un breve romanzo e pertanto sotto certi aspetti presenta delle lacune poiché proprio la sua concitazione non consente di sviluppare pienamente la storia lasciando al lettore dubbi e perplessità. La sensazione una volta conclusa la lettura è che da un lato il romanzo abbia “spiccato il volo” proprio sul finale e dall’altro che manchi quel qualcosa che rende la lettura esaustiva. Al tempo stesso questa sua brevità rappresenta anche il suo punto di forza poiché le pagine scorrono rapide, l’autore non si perde in dettagli e fronzoli inutili e in una giornata a dire tanto il romanzo si conclude, lasciando in eredità al lettore il messaggio che Ammaniti desiderava trasmettere. Significato che si mantiene indelebile anche a distanza di tempo.
E’ una lettura meno impegnativa rispetto a quelle a cui è abituato chi ha letto i romanzi di Ammaniti, la trama è solida e protagonista è la solitudine di due anime non poi così diverse. Nonostante la costruzione sia inferiore rispetto ad opere quali “Come Dio Comanda” e via dicendo, il romanzo non va sottovalutato in quanto apre le porte a numerosi spunti di riflessione toccando tematiche varie e attuali.
Un estratto:
“Era finita. Basta. A me questa fine sembrava buona. E poi, io odiavo le fini. Nelle fini le cose si devono sempre, nel bene e nel male, mettere a posto. A me piaceva raccontare gli scontri tra alieni e terrestri senza una ragione, di viaggi spaziali alla ricerca del nulla. E mi piacevano gli animali selvatici che vivevano senza un perché, senza sapere di morire. Mi faceva impazzire, quando vedevo un film, che papà e mamma stessero sempre a discutere sulla fine, come se la storia fosse tutta lì e il resto non contasse nulla. E allora, nella vita vera, anche lì, solo la fine è importante? La vita di nonna Laura non contava nulla e solo la sua morte in quella brutta clinica era importante?”