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Il cavaliere stanco
Nel suo ufficio, la Morte è attaccata alla parete, in una incisione di Durer – dal titolo “Il cavaliere, la morte e il diavolo” – che si è aggiudicato ad un'asta, sacrificando due mensilità dello stipendio da funzionario di polizia. Un'incisione che ogni tanto si ferma a guardare, per cercarne la decisiva interpretazione...
Nel suo corpo, la Morte è presente attraverso il male che lo ha aggredito da tempo, e che ultimamente lo costringe a fare uso di morfina per riparare al dolore.
Ma la Morte gli gira anche intorno: difatti il “Vice” – è questo l'unico modo in cui Sciascia identifica il colto e disilluso vicecommissario di polizia protagonista del suo racconto – si ritrova ad indagare (insieme al “Capo”, altro personaggio orfano di nome e cognome) sull'improvvisa morte violenta dell'avvocato Sandoz.
Una sigla sconosciuta fino a quel momento – quella dei “figli dell'ottantanove” - rivendica l'assassinio del professionista, e attira la curiosità dei giornali e della pubblica opinione.
Eppure – se presentimento di quella fine v'era stato – esso era legato ad una cena avvenuta poche ore prima dell'omicidio, quando l'avvocato sedeva al tavolo con altra gente “bene” della città: tra essi, l'ingegnere Aurispa, il potentissimo padrone delle Industrie Riunite, che sul bigliettino segnaposto della serata aveva scritto di sua mano “Ti ucciderò”, prima di farlo consegnare a Sandoz per mano di un cameriere. Ma si era trattato, a suo dire, di uno scherzo originato da falsa gelosia e complicità. E la spiegazione parrebbe trovare conferma in un'altra persona presente a quel tavolo.
Quale, allora, la pista giusta?
La galleria di servitori dello Stato scelti da Sciascia per i suoi racconti si arricchisce di un ritratto “sui generis”; pur ricordando Rogas – il poliziotto di altra opera sciasciana, “Il contesto” – il Vice ha una caratteristica unica tra i personaggi dello scrittore siciliano: una sua storia alle spalle, dolorosa, che ne condiziona in parte le sensazioni (meno, invece, la capacità d'indagine) e lo rende perfettamente “inquadrato” nella visione del pittore rinascimentale Durer.
Già... Chi è, in sella al suo animale, il cavaliere accompagnato da una Morte che non disdegna di seguirlo a piedi? A chi si riferisce Sciascia? A Sandoz, che la morte ha trovato sul suo cammino? Ad altri personaggi, implicati in una singolare trama? Oppure allo stesso Vice?... E se di costui si trattasse, può spuntarla contro la morte?
A chi è convinto che scrivere sul potere sia complicato (che saperne svelare le trame debba costare un imprecisato numero di pagine, che si debba passare tra difficoltose piste di servizi segreti e complotti), questo libro è fortemente consigliabile: ci si accorge che poche pennellate, in fondo, descrivono il potere, quello minaccioso, che fa sentire inermi, e che però tutti siamo capaci di riconoscere. Tratti graffianti, di estrema sottigliezza, in apparenza pigri, e persino irriverenti. Tratti alla maniera di Leonardo Sciascia.
Che qui confeziona l'ennesimo romanzo breve in cui la stessa frase pare instillare dubbi, eppure farsi riconoscere per quel che afferma di certo... Sino al finale, che forse ci si poteva aspettare e forse no...
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Non conosco Sarasso, Gracy (ho fatto poco fa una ricerca su questo sito)... Che mi dici di lui?
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