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L’insostenibile forza della normalità
Ho letto anch’io La voliera dei pappagalli di Anna Maria Balzano, che è tornato recentemente disponibile.
Arrivo con ritardo e molto è già stato scritto nei commenti degli altri lettori, ma voglio fare lo stesso i miei complimenti ad Anna Maria e riportare qualche mia impressione.
Comincio col dire che il romanzo mi è piaciuto molto, alla fine ti lascia uno stato d’animo positivo e racconta con grande delicatezza fatti e vicende che invece si collocano tra il drammatico e il tragico.
Condivido ciò che è stato scritto nella Prefazione, a proposito dello stile essenziale che Anna Maria ha utilizzato e della sua “precisione chirurgica” nel delineare i personaggi e nel costruire un interessante intreccio senza fronzoli e divagazioni.
Con pochi tratti veloci Anna Maria è riuscita a rievocare alcuni efficaci archetipi che tutti possiamo diversamente riconoscere nel nostro vissuto quotidiano o in letteratura. Ad esempio le pagine sul carcere, molto belle ed efficaci, richiamano interi mondi letterari e cinematografici, a cominciare dal film di Nanni Loy, “Detenuto in attesa di giudizio”. Invece le vicende dolorose di alcuni personaggi femminili mi hanno riportato alla memoria le sofferenze raccontate da Simone De Beauvoir in “Una donna spezzata”.
Soprattutto, questo romanzo riesce a non farci mai perdere l’interesse per le sue pagine, perché parla in fondo di personaggi “normali” le cui tracce e somiglianze non sono difficili da trovare tra le nostre esperienze personali e conoscenze, e comunque ne sono piene le cronache.
Semmai colpisce la sobrietà con cui ognuno vive la propria personale vicenda, o forse si tratta, nuovamente, di sobrietà del raccontare. Mi chiedo, ad esempio, se trovandomi al posto di Umberto avrei reagito con la sua stessa compostezza, e lo stesso dicasi per altre crisi esistenziali e relazionali che vengono descritte. Abbiamo tutti esperienza di quanto possono essere persino violenti i tormenti adolescenziali, per non notare invece la maturità con cui Matilde affronta un momento topico per la propria esistenza, che avrebbe potuto avere approdi completamente diversi.
Ma è proprio questo il nocciolo della questione, e qui sta anche, credo, il significato del bel titolo che è stato scelto per il romanzo.
La bella sensazione che rimane in tutti noi, voltata l’ultima pagina, è dovuta anche al fatto di vedere che le persone più fragili (come Maria e Gustavo) o le persone che finalmente hanno modo di scoprire la propria vulnerabilità (come, in modi diversi, Umberto, Giovanna, Matilde) si ritrovano fortificati dalle proprie cadute.
Scopriamo anche che si può decidere di non uscire dalla “gabbia” in cui ci si trova a vivere, soprattutto quando si è finalmente capito quali erano le vere sbarre che ci tenevano prigionieri. E questo ci piace e ci rassicura, senza bisogno di credere nelle fiabe, perché la vita è bella così, senza troppo zucchero e con qualche boccone amaro ogni tanto.
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Un libro che ho amato e apprezzato e tu, per quello che ti conosco, non potevi non renderne giustizia...e così è stato. Un'analisi dettagliata e bellissima....concordo su tutto.I miei complimenti a te e ad Anna Maria...ma lei lo sa già quanto io la stimi.
Ciao, Pia
Ahahahah è il problema di tutti i bookaholic compulsivi, metti pure in wish list intanto poi si vedrà :))
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