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Un vero viaggio nel tempo
Giudicato da alcuni come uno dei più grandi scrittori italiani viventi, Pardini scrive un libro ambientato a fine '800 ed ha come protagonista un vetturino (o meglio un "procaccia") e il suo cavallo ("Balio" come il nome del cavallo di Achille).
La cosa che molto mi ha colpito è lo stile di scrittura: il linguaggio è prezioso e molto ricercato per immergere (riuscendovi, nel mio caso) il lettore nel detto periodo storico. Linguaggio specialistico si intreccia con il linguaggio desueto (quindi doppiamente prezioso) spaziando dalle "martinicche" alla "brusca" per poi arrivare a "rampare" e "frangere" (seppure questo verbo, in luogo di "mangiare" riferito al cavallo, diventi a volte decisamente abusato). Tutto questo per riutilizzare termini ottocenteschi (presenti sia in Pascoli che Carducci) che creano la parte migliore del libro; quella traslazione temporale che avvicina all'onirico.
Per quel che riguarda le cose che meno mi sono piaciute ho avvertito talvolta, nello stile, un compiacimento abbastanza marcato tanto che il linguaggio, a volte, stucca. La descrizione dei luoghi della valle del Serchio (luogo in cui l'autore vive da tutta la vita) sono molto belli, un po' lirici a volte (per me se non sei Proust o Flaubert, puoi abbandonare il lirismo), ma comunque belli e, soprattutto, si sente l'amore profondo per ogni strada e scorcio; ogni monte, ogni fiume e strada ha in sé un carattere, una storia.
Le apparizioni dei Personaggi storici realmente esistiti sono, a mio parere, inutili e, invece di apparire come tocchi di colore, a me sono parsi come sbavature. La parte della guerra è parte a sé. L'invettiva di fondo antifuturista (e, ovviamente, antifascista) prende il sopravvento sulla storia di Liberio e Balio e, seppure giustificata da un contrasto antico/moderno-padre/figlio (tra l'altro molto bello), devìa dal soggetto, a mio giudizio più originale e interessante, del contesto storico ottocentesco e dalle sue antiche figure (il postale, ad esempio). La peggiore nota negativa di questo libro sta nello spessore di alcuni personaggi; benché Amilcare, Liberio e Balio siano sufficientemente ben realizzati, il personaggio di Altea (su tutti) è a dir poco grottesco. I suoi "poteri" non convincono nessuno e il suo carattere rasenta il ridicolo. In tutto il libro poi, l'alone di mistero convince assai poco.
Ciò detto ne consiglio assolutamente la lettura.