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Le colpe degli altri
“Le colpe degli altri” è il primo romanzo vincitore del torneo letterario “Io scrittore” promosso dal gruppo editoriale Mauri-Spagnol. E’ stato pubblicato per ora solo in formato digitale, ne sono venuta a conoscenza tramite la newsletter dell’editore e ho deciso di leggerlo quando ho scoperto che l’argomento erano gli anni di piombo e i loro effetti.
In breve la trama: Federica è figlia di un carabiniere ucciso nel 1979 da un commando terrorista insieme al magistrato del quale era la scorta e ad altri suoi colleghi. L’uccisione del padre segna irrimediabilmente la sua vita prima di bambina poi di adolescente ed infine di donna, infatti la conosciamo alle soglie dei quarant’anni. Federica non uscirà mai più dalla spirale di odio che si è creata intorno e che ha coltivato fino a distruggersi ed avvelenarsi la mente e il cuore; il suo obiettivo è annientare la vita di Marta, una terrorista del commando che le uccise il padre e che si è rifugiata a Parigi insieme ad altri due compagni di lotta sotto la protezione della “dottrina Mitterand”. Federica verrà in contatto anche con Vitaliano e Denise, il compagno e la figlia di Marta, che avranno un loro peso nella storia. Nulla salva la protagonista: né l’amore della madre, né la giustizia dei tribunali né l’amore per un uomo che non si aspettava di incontrare: la sua vita è stata interrotta e avvelenata tanti anni prima da un gruppo di terroristi in una calda estate.
Il finale è imprevedibile ma in certo qual modo “scontato” perché di tutto quello che avvenne negli anni bui della “notte della Repubblica” ne fanno ancora oggi le spese coloro che in quegli stessi anni erano appena nati o non lo erano affatto; la fisica ci dice che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria quindi ogni reazione è strettamente proporzionata all’azione che l’ha generata.
Venendo al romanzo in sé è molto apprezzabile che un giovane autore esordiente abbia costruito una storia su un tema ancora così scottante e sentito ma purtroppo a mio parere lo ha trattato un po’ superficialmente. In questi ultimi anni hanno avuto voce letteraria le storie dei figli degli uomini uccisi in quegli anni di piombo come Mario Calabresi o Benedetta Tobagi: queste sono testimonianze di persone che hanno dovuto superare a modo loro con grande coraggio, a volte senza riuscirci veramente, la più grave perdita di una vita. L’autore approfondisce forse troppo anche le figure che poi sono in realtà marginali ai fini della storia e tralascia l’aspetto psicologico più profondo di Federica e di Marta e delle loro motivazioni.
Quello che riesce a rendere bene è il contrasto fra la vita normale della gente comune in quegli anni ’70 (le vacanze, l’esodo, le piccole cose di tutti i giorni) e quella dei terroristi che invece vedevano (o credevano di vedere) in quella stessa gente il consenso verso le loro azioni. Non è riuscito invece a rendere bene davvero quegli anni, forse ciò è dovuto all’età ma se si sceglie di raccontare una determinata epoca storica bisogna calarcisi dentro in tutto non soltanto per i modelli di automobili; innanzi tutto il divorzio non era così comune come oggi né esistevano gli immobiliaristi tutt’al più c’erano i palazzinari. Vittorio De Grassi scrive bene, usando molto i contrasti, con uno stile sicuro che ci accompagna pagina dopo pagina in un viaggio attraverso quarant’anni di storia italiana: tutto sommato un romanzo da leggere.
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