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Ma cosa dovevo capire?
A chi si è divertito nel leggere questo romanzo, si consiglia la lettura di “Hanno tutti ragione” di Paolo Sorrentino.
A chi non ha ancora letto questo romanzo, si consiglia di passare direttamente a “Hanno tutti ragione” di Sorrentino.
Il problema di “Non avevo capito niente” è uno (e, a parere di chi scrive, abbastanza evidente): tutta la bravura dell'autore è fine a se stessa.
Dov'è questa bravura? In alcune battute – o forse sarebbe meglio dire: freddure – obiettivamente divertenti, in alcuni sprazzi arguti (“Parlare non risolve i problemi, semmai gli dà una lisciatina”).
Un libro però è una storia (almeno una). Se le varie battute, o lo stile umoristico, si trascinano in sequenza – come in un gag comica – finiscono per non raccontare nulla, o per raccontare qualcosa di molto esile. Se poi la ricerca a tutti i costi della suddetta sequenzialità produce varie battute scontate, o debolucce, il tutto prende ad annacquarsi un po'.
Il protagonista del romanzo, il malmesso avvocato Vincenzo Malinconico, è una persona separata che sciorina l'ordinario repertorio dei mariti delusi contro una moglie che sente nemica e dei figli che comprende a intermittenza. Finché non gli capita di inventarsi difensore d'ufficio di un camorrista di mezza tacca e di trovarsi sorprendentemente assediato dalla bella collega per cui sbava tutto il tribunale. E su questi quattro filoni – moglie, figli, camorrista, collega – si trascinano le pagine.
Il resto è partenopeismi che spuntano qui e lì come rovi, e menzione dei prodotti di un noto mobilifico svedese che Malinconico cita più e più volte (più del catalogo del mobilificio stesso, tanto da far venire il dubbio che il primo lavoro dell'autore sia piazzare mobili scandinavi).
De Silva non è il Sorrentino di “Hanno tutti ragione”, come si diceva: perché l'operazione di Sorrentino – che risulti piacevole o meno – è analoga solo in apparenza, consistendo invece nel prendere in giro tutta una filosofia di vita, e una o più categorie umane (ciò che il regista-scrittore fa anche nel suo ultimo film, “La grande bellezza”). Ma De Silva non è nemmeno il Bukowski di “Pulp”, se è vero che c'è differenza tra parodiare e imboccare la via del fancazzismo (nel senso non necessariamente dispregiativo del termine).
Immagino che poi qualcuno mi verrà a dire di questo romanzo che anche io “non avevo capito niente”... ma quello che non ho capito, in realtà, è una cosa precisa: se è vero che il libro è stato finalista al premio Strega, non ha ragione, allora, chi avanza dubbi sui meccanismi dei premi letterari in Italia?
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Commenti
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Il protagonista, seppur bizzarro e inserito in un racconto a tratti fantasioso (anche se io conosco ben poco la realtà napoletana) ha quel nonsochè di umano, di "sfigato", in fondo così comune che diventa difficile non trovarsi in empatia con lui.
non ho letto nulla di Brizzi, ma voglio fidarmi: qual è l'ultimo libro?
D'altronde anche di De Silva non avevo letto nulla sinora. A meno che qualcuno sia in grado d'indicarmi un suo libro fatto in altro modo, non credo che tornerò a leggerlo.
Però devo assolutamente spezzare una lancia a suo favore per il discorso della bestemmia: con il gusto per l'iperbole che lo contraddistingue, la bestemmia contenuta nel libro non è sua bensì una citazione di un episodio increscioso che accadde anni fa in TV. Se poi la bestemmia vi sembra gratuita anche "per interposta persona", allora è chiaro che il suo libro vi avrà lasciato questa recriminazione. Però tenevo a dire che non è una espressione dell'autore.
Per Cristina:
il libro di Sorrentino è piaciuto anche a me, non a caso invitavo chi vuole leggere qualcosa di divertente a lasciar perdere De Silva e cercare "Hanno tutti ragione" (ma diciamo anche che si tratta di un'ironia ben più "sottile").
Sul Sorrentino regista, invece, dissento: se "La grande bellezza" (così omaggiato e in corsa per l'Oscar) non mi ha particolarmente colpito, il buon Paolo ha dalla sua uno dei più bei film degli ultimi vent'anni ("Le conseguenze dell'amore", film di rarissima potenza "geometrica", sia visiva che di narrazione, giocato in maniera stupenda sul filo dei sentimenti repressi) e un altro capolavoro che è "Il divo" (sottotitolo: la spettacolare vita di Giulio Andreotti).
Per EmmePi68:
si, capisco che a tanti il libro possa essere piaciuto... anzi, se non sbaglio sono più le recensioni positive che negative. A me è sembrato il classico libro di chi ha un contratto con l'editore e deve pubblicare entro un termine stabilito, senza sforare. Ma la mia è solo un'opinione tra le altre.
CENTO GIORNI DI FELICITA' noooo Rollo stavo scherzando per l'amor del cielo non te lo consiglierei mai !!!! :-)
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Io lo ho letto parecchio tempo fa e non mi era dispiaciuto, non fosse stato per una bestemmia - io non sopporto le bestemmie, figurati se scritte in un libro -. Quindi da quel giorno ho alzato la manina e fatto ciao ciao al De Silva.
Ma leggiti l'ultimo di Brizzi daiiiii , voglio vedere come lo commenti !!!!