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Fiaba d'amore
 
Fiaba d'amore 2014-02-27 11:40:37 LadyA
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LadyA Opinione inserita da LadyA    27 Febbraio, 2014
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Fiaba d'amore: Ci lasceranno dormire ancora un po'

Io me ne stavo là, da solo, al freddo, per strada...Perché mi hai cercato?"

Lei aprì gli occhi e lo guardò a lungo nella penombra prima di rispondere.

"Io ho indovinato chi sei, ti ho riconosciuto..."


Antonio Moresco è uno degli scrittori più importanti nel panorama letterario italiano non solo per la pubblicazione dei suoi libri ma soprattutto per la sua personalità e per il suo carattere sempre pronto a portare avanti e a difendere la propria ideologia sia in campo esistenziale che in quello letterario. Proprio per questo è un autore controverso, contro cui molto spesso la critica si è scagliata senza dare il giusto peso e rilievo alla sua figura come scrittore e soprattutto come uomo.

Fiaba d’amore (Mondadori, 2014) è un romanzo di sole 160 pagine che sin da subito conquista l’animo di chi legge per lo stile chiaro e poetico e per la narrazione che scivola dolcemente addentrando il lettore in quella che appare come una semplice fiaba, ma si rivela presto come la più grande metafora sull’esistenza.

Protagonista è un vecchio barbone di cui nessuno sa nulla, neanche lui stesso, che sembra aver dimenticato tutto, persino il suo stesso nome. Vive per strada, si ciba degli avanzi presi dai cassonetti, si corica sui cartoni e si veste con gli stracci trovati dove capita. Non parla mai con nessuno a tal punto che ha dimenticato come si fa. Non sa più articolare le corde vocali e non ricorda neanche il suono della propria voce. Si tiene sempre a debita distanza da tutti, persino dagli altri barboni che lo chiamano “il vecchio pazzo”. Girano tante voce sul suo conto: si dice che sia stato un importante imprenditore, un ricco magnate, insomma uno a cui i soldi non mancavano che poi, chissà per quale motivo, ha deciso di abbandonare tutto e vivere per strada senza nulla.

Moresco ci accompagna tenendoci per mano per le strade e i vicoli di questa sconosciuta città di cui non conosciamo il nome, tra negozi, auto e luci sfavillanti che rappresentano tutto quel mondo sociale che il vecchio pazzo ha abbandonato. A proposito, l’uomo si chiama Antonio, ma questo è un piccolo segreto che ci rivela l’autore e che ci fa sorridere all’idea che sia proprio lui ad autodefinirsi, insinuando in noi che leggiamo ancor più curiosità nello scoprire cosa mai Moresco riserverà al suo alterego. Ebbene gli regalerà la cosa più bella: l’amore!

Attenzione: spoiler trama.

Una giovane ragazza bella e profumata si insinuerà dolcemente nella sua vecchia vita fatta di emarginazione e di sporcizia, di disillusione e dimenticanza per donargli una nuova speranza: la speranza di essere curato, amato, reso felice per quello che è, quando chiunque ha cercato di evitarlo. La giovane donna si chiama Rosa e lo porterà nella sua piccola casa, lo laverà, gli comprerà dei vestiti, lo amerà come si ama l’unico grande amore della propria vita e lentamente il vecchio pazzo imparerà a parlare di nuovo e soprattutto a sorridere.

Chiunque li vede camminare per strada rimane sconvolto. Com’è possibile che una ragazza così bella ami un vecchio pazzo? Nessuno sa darsi una spiegazione, neanche il vecchio stesso che continua a lasciarsi amare da Rosa senza chiedersi perché. Nessuno sa il motivo di questa bellissima fiaba, neanche noi lettori che leggiamo estasiati e che attendiamo la vera svolta.

Purtroppo la fiaba finisce presto quando Rosa si stanca di Antonio e lo caccia via di casa. Il povero vecchio, di nuovo solo e senza niente, vaga per le strade desolate e in una notte in cui la città si copre di un manto bianco e ghiacciato si incammina verso la città dei morti che esiste laddove è labile il confine tra disperazione e speranza. Il vecchio si sente abbandonato, non ha più voglia di vivere né di lottare, il regno dei morti è l’unica salvezza. D’altro canto però non sa che quando la ragazza lo viene a sapere, muore dal dolore. E la fiaba ricomincia. I due si incontreranno nuovamente in un mondo che va oltre l’umana conoscenza e ogni credenza possibile.


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Fiaba d’amore è un romanzo che non narra soltanto una meravigliosa storia di desiderio e passione, di amore incondizionato ma è anche la più grande metafora sull’insegnamento esistenziale. In una società corrotta, sporca, in cui nessuno rispetta nessuno, tutti amano e poi si abbandonano, in cui l’amore inizia ma poi finisce perché niente è per sempre, Antonio e Rosa diventano gli emblemi di un nuovo modo di guardare verso l’orizzonte, un modo di ricominciare e di farlo senza compromessi, semplicemente con la verità.

La fiaba è un mezzo per raccontare la diversità, un modo per mostrare che ci può essere uno sguardo diverso su ciò che ci circonda perché la chiave per sopravvivere in un mondo in cui tutto è a portata di tutto è cogliere gli aspetti ancora inesplorati e da essi trarre nuova linfa vitale, nuova fede, nuova speranza. Oggi sembra che ci sia troppa libertà per tutti, per tutto. Viviamo in un mondo in cui i limiti sono stati superati e ci resta davvero poco da sperimentare e guardare. Ma non è davvero così. Nel mondo moderno paradossalmente siamo più ingabbiati che in qualunque epoca. E’ il progresso che ci incatena, che accresce le nostre illusioni e soprattutto le prevaricazioni. Il progresso ci ha fatto perdere la spontaneità, la genuinità di una vita in cui i veri valori sono scomparsi, in cui l’amore può essere una cura se ci si accontenta di ciò che il nostro cuore desidera. Ma purtroppo non è così: siamo schiavi e prigionieri delle nostre stesse illusioni e la letteratura, i romanzi, le storie raccontate con sincerità e anche crudeltà possono aprire nuovi spiragli su ciò che ci circonda.

Fiaba d’amore non è solo una favola. E’ un racconto che dalla luce passa all’oscurità, che dalla poesia passa al linguaggio fatto di strada e di terra, di polvere e di sporco, perché anche la fiaba più bella deve avere radici nella realtà affinché il suo messaggio possa davvero servire a qualcosa. Il vecchio pazzo è un uomo che ha smesso di sognare, che non parla, non sa più come si ride; a lui che ha perso ogni vitalità, a lui che sembra già morto, ritorna la vita.

La melodia di Moresco, l’armonia delle sue parole capaci di incantare nelle descrizioni degli ambienti e degli stessi personaggi a cui ci sia affeziona subito, sono testimonianza della sua anima, quella di uno scrittore pulito, con un cuore puro, che cerca di raccontare al meglio ciò che vede e sente per far sì che tutti imparino a guardare senza timore la morte, cogliendo nell’oltre nuove possibilità. Non temere la morte: questa è la chiave di lettura della storia tra Antonio e Rosa. E’ in uno sfondo in cui si mescolano due piani diversi, regno dei vivi e regno dei morti, che si gioca tutto il messaggio dell’autore.

Il suo linguaggio carico di metafore, di visioni, di ridondanze, serve a costruire la sua visione fantastica basata tanto sulla fiaba quanto sulla verità. Leggendo si ha la sensazione di avere davanti agli occhi dei disegni, dei piccoli schizzi fatti con la matita, dal tratto leggero e sottile, che scorrono veloci man mano che la lettura procede. Ed è così che il vecchio pazzo diventa un uomo in carne e ossa, la giovane fanciulla emana il proprio profumo fatto di sogni e meraviglia, il colombo, unico amico del vecchio, vola con un’ala ferita senza mai abbandonare il proprio silenzioso compagno. Le immagini stilizzate dei protagonisti assumono i toni e i colori tenui della dolcezza e della compassione, della pietà e dell’amore.

La scrittura di Moresco non è solo capace di far immaginare, ma sentire persino sulla pelle il freddo e la neve delle strade in cui il vecchio si perde. Non solo: sembra quasi di assaporare i profumi della nuova vita che Rosa dona all’uomo che ama e che riconosce per la strada mentre tutti fanno finta di non vedere. L’amore è riconoscimento e calore, vita, cura, compensazione. Il libro è pieno di immagini commoventi, di rinascita e persino di salvezza dal baratro più profondo. Cosa ha da perdere un uomo che già vive al bivio? Nulla, se non la possibilità di riconquistare tutto ciò che ha perduto.

Come afferma lo stesso Moresco, lo scrittore ha il compito di affrontare anche le tematiche più terribili, quelle di cui l’uomo ha più paura. Io non lo chiamerei compito ma dovere e ci vuole coraggio a farlo. Moresco ha questo coraggio, un coraggio a volte sottile, sussurrato, altre volte incandescente, pesante, possente così come le sue opere più importanti.

Ma Fiaba d’amore resta un testo che non si dimentica, con il quale dolcemente si è condotti verso la verità, senza schiaffi e senza morali. Si chiude il libro con la certezza di aver letto qualcosa di bello e con la consapevolezza che ci lasceranno dormire ancora un po’. Che sia ad occhi aperti o chiusi adesso sappiamo che per tutti può esserci una fiaba e che la nostra forse ancora deve iniziare.

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Commenti

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Una segnalazione interessantissima, grazie!
complimenti per l'analisi critica eccellente del testo!
Ho letto La lucina di Moresco e ho trovato originalità e capacità espressiva in questo autore
In risposta ad un precedente commento
LadyA
02 Marzo, 2014
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Grazie!
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