Dettagli Recensione
Gli sdraiati o Gli schiacciati?
Una gran penna, probabilmente grande quanto l’ego del protagonista descritto.
Un padre, che dedica un libro ad una generazione, partendo da suo figlio, senza proferirne però, neppure un solo vero volto di questa generazione.
Giovani affogati da costatazioni superficiali, volti di soli uomini.
Le figure femminili compaiono solo come esempi di ombre degli uomini, fidanzate del figlio o mogli degli amici, o vaghe discendenti a cui lasciare una patetica lettera di ricordo con suggellato uno dei più maschilisti antichi consigli: Fai figli .
Il figlio, preso per quanto descritto, è un'ameba, che nel suo silenzio sfiora la maleducazione, però, dietro la fanfara del padre non puoi che averne pena. Lentamente riconsideri le descrizioni, come un eccessiva distorsione di un comune giovane, visto dagli occhi di un comune padre, che però ha la pretesa di sentirsi pure figo.
Mi ferisce questo libro, come un mattone culturale ingombrante, sento il peso di una generazioni di questi finti padri che incolpano i loro figli, fino a castrarli, ammutolirli, fino a fargli scalare una montagna per dimostrargli il loro immeritato rispetto, e rendersi conto solo alla vetta di aver sprecato fiato, che non solo tuo padre ti aveva perso di vista, ma che non credeva neppure che ce l’avresti fatta.
Padri che non credono minimamente nei loro figli, perché non ricalcano le loro sagome, perché non sanno stare a loro fianco con entusiasmo. Padri, che denigrano con finta ironia i propri figli, rimarcando le loro mancanze, mentre fanno delle loro, un ilare conversare borghese da salotto, un virtuosismo letterario, uno spunto grottesco per un innovativo romanzo, o peggio, un motivo di vittimismo, ma mai una vera colpa.
Lo rinominerei, gli schiacciati,
perché questa è la fine della generazione descritta, che rimane dietro l’ombra dell’esibizionismo di questi uomini. Uomini che non sanno fare i padri, e danno il peso ai loro figli perché nella loro irriconoscente vita non gli danno la forza di sentirsi tali.
Mi sfugge fin dove volesse arrivare la provocazione dell’autore, quale fosse il vero esperimento sociologico. Il marcio tra le righe è così ingombrante, e io scettica, più su la sua generazione che su la mia, credo di aver visto più marcio di quanto sia stato previsto dall'autore.
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