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Qualcosa di scritto
Perché “Qualcosa di scritto”? Innanzi tutto perché in realtà questa bellissima opera è inclassificabile (né un romanzo, né un saggio forse una commistione fra i due generi) poi perché è così che P.P.P. cioè Pier Paolo Pasolini definiva il suo ultimo lavoro “Petrolio” uscito postumo nel 1992.
Anche “Petrolio” è un’opera inclassificabile, soprattutto non è un romanzo nell’accezione del termine da noi oggi conosciuta; ce lo spiega benissimo Emanuele Trevi nel secondo capitolo di questo libro, nel quale fa l’esegesi di ciò che si intende per letteratura dalla metà degli anni ’80 in poi.
Ma andiamo con ordine: Trevi in questo romanzo (il termine è usato in copertina)prende lo spunto da un periodo passato in gioventù presso il Fondo Pier Paolo Pasolini a Roma per sviluppare il racconto dell’ultimo anno della vita dello scrittore-regista, per tratteggiare un ritratto impietoso ma a volte velato di ammirazione di Laura Betti che allora dirigeva il Fondo e raccontarci la genesi di “Petrolio”. Però non è tutto qui perché l’autore affronta numerosi altri argomenti (uno dei quali è i misteri Eleusini ai quali è dedicata un’appendice)e ci porta piano piano in quell’ultimo scorcio degli anni ’70 in cui Pasolini è morto e da cui tutto è cambiato; Trevi vede un parallelo fra Pasolini e Petronio, fra la morte e l’incompiutezza dell’opera –“Petrolio non è l’ennesimo libro sulla morte, ma una morte in atto”-. E’ come se Pasolini avesse vissuto il suo ultimo anno di vita mettendo in scena la sua fine tragica nel film “Salò” (bellissimo il racconto di quando Trevi e i giovani della FGCI nell’85 lo proiettano a Castel Sant’Angelo) e in “Petrolio”.
Indubbiamente è P.P.P. il protagonista di questo libro e rivive anche nel racconto che Emanuele Trevi ci fa di Laura Betti, la “Giaguara” (lui la chiama “la pazza”), musa, amica e vestale di Pasolini; come ho già detto il ritratto di lei è impietoso, Trevi non ci nasconde nulla del decadimento fisico e mentale di questa donna che ha cavalcato i mitici anni ’60 e vissuto i ’70 e gli ’80 sempre da libera protagonista, sempre scomoda e controcorrente. E’ però nel racconto del viaggio in Grecia che l’autore riscatta anche la figura di Laura e del suo talento e dimostra per lei ammirazione e stupore. Un altro ritratto, questa volta molto benevolo, che Trevi ci lascia è quello di Walter Siti, venuto anche lui in contatto col Fondo Pasolini e rimasto suo amico; a lui sono dedicati due brevi capitoli nei quali si racconta anche di un’intervista concessa da Siti all’autore.
Con Trevi, con la sua meravigliosa scrittura, con le frasi illuminanti che bucano la pagina, ci caliamo nel mondo di uno dei più importanti personaggi del secolo scorso, nel suo pensiero, ma anche in ciò che di lui ci rimane e che ci ha lasciato semplicemente vivendo la sua vita come arte; possiamo comprendere il nostro presente partendo da qui? Forse è questa la domanda che l’autore aiuta a porgerci quando fa disgressioni sulla politica e sulla letteratura e sulla vita contemporanee. Sono molto felice di aver iniziato l’anno con questo splendido e profondo libro che mi aspettava già da un po’ e che mi lancia una sfida che forse un giorno raccoglierò: la lettura di quel romanzo anomalo che è “Petrolio”.
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