Dettagli Recensione
Non è certo il meglio di questo autore
E’ il terzo romanzo di Francesco Carofiglio che leggo, dopo “Wok” e “Radio pirata”. “Wok” l’ho trovato bellissimo; “Radio pirata”, meno; questo, ho fatto un po’ fatica a finirlo. Probabilmente perché le aspettative erano elevate e il riscontro deludente.
Nelle prime pagine si legge che il protagonista ha vissuto un’estate che ha cambiato la sua vita e nella copertina del libro c’è l’immagine di un enorme cane nero che troneggia accanto al titolo.
Ci si aspetta (ma lo si fa anche perché, al di là delle positive recensioni, si conosce e si apprezza l’autore) che in quell’estate accada qualche cosa di veramente sconvolgente; che probabilmente impegnerà l’ attenzione del lettore per tutto il racconto; per non parlare dell’enorme cane nero che lascia immaginare chissà quali apparizioni, più o meno metaforiche.
Bene.
Nelle prime 80 pagine non succede assolutamente nulla, a parte la descrizione di certi ricordi di adolescenza letti, straletti e, anche, vissuti (magari con minori capacità descrittive)più o meno da tutti.
Quindi si sta lì ad aspettare che qualcosa d’importante, se non addirittura sconvolgente, come da premessa, avvenga veramente in quell’estate. E il cane nero?
Qualcosa, di particolare indubbiamente, succede. Ma si è già alla p. 141 (prossimi alla fine del romanzo) e prima s’è constatata solo un’esercitazione di bella scrittura che, detto per inciso, sicuramente all’autore non manca.
Perfino l’avvenimento particolare – che non descrivo per evitare spoiler – scorre via in assenza di autentici approfondimenti sulle cause (tra l’altro, preceduto, poche pagine prima, da fatto quasi analogo, che ne smorza ulteriormente l’impatto e priva un po’ di verosimiglianza il tutto).
Si arriva, così, stancamente alla fine chiedendosi veramente cos’abbia questo romanzo di tanto attraente, per non parlare dell’originalità.
E il grande cane nero? Data la sua presenza nella storia, direi che è servito giusto per dare un titolo al libro e introdurre un motivo di curiosità.
Non avessi letto “Wok”, il mio – personalissimo, è ovvio – giudizio sarebbe anche più negativo.