Dettagli Recensione
il dolore della violenza contro se stessi
Per quanto apprezzi la precedente produzione dell'autrice, ho iniziato a leggere quest'ultimo romanzo della Mazzantini priva di qualsiasi "pregiudizio positivo", considerata soprattutto la delusione patita per il suo precedente, farraginoso, "Nessuno si salva da solo".
Ed ho alfin concluso che "Splendore" sia un libro bellissimo.
Non certo piacevole nel senso di rincuorante, ma estremamente vero, capace di farti sentire in modo palpabile le forti emozioni più o meno represse dei suoi protagonisti, con le loro caratteristiche psicologie, con il loro particolare carattere, con le loro opposte specificità che si incontrano con la massima naturalezza nella loro irresistibile storia d'amore.
Inizialmente, pur apprezzandolo da subito, non ne ero particolarmente entusiasta perché la trama aveva il difetto di assomigliare troppo alla storia narrata nel pur bellissimo film "Brokeback mountain" di Ang Lee; mi suonava di già detto, di già sentito, pur nella verità trasudante dalla narrazione.
Ma la seconda parte del romanzo si distacca dalla scoperta dell'omosessualità - su cui in fondo si incentrava la parte principale e migliore del film - per seguire, con una commossa partecipazione che coinvolge anche il lettore, l'evoluzione contrastata della storia quarantennale tra Guido e Costantino.
Magistrale ed emozionante è il contrasto tra l'ambiente "costruito" - che sia la Roma caciarona o piuttosto una Londra a volte psichedelica a volte campagnola - in cui i due uomini faticano ad affermarsi con la propria personalità, e invece il contesto naturale dell'acqua, del mare in cui più volte - nei momenti topici della narrazione - i protagonisti si immergono per ritrovare tutta la naturalezza della propria persona, sentire almeno per un momento la speranza di poter splendere nella verità del proprio essere, potersi liberare di ogni inutile condizionamento che impedisce quella felicità a cui tutti dovrebbero aver diritto.
E poi mi ha colpito moltissimo la constatazione che il libro è pieno di dolore - contenuto e sopportato con dignità da tutti, anche dai personaggi minori costruiti con maestria dalla penna della Mazzantini, come la moglie giapponese di Guido - ma che contemporaneamente non si può parteggiare per nessuno, non ci sono "buoni" o "cattivi" in questa storia, tutti hanno le loro ragioni e questa sofferenza non è davvero addebitabile a nessuno dei personaggi della storia.
Infatti - al di là di figure di sfondo (il vecchio, i ragazzacci di paese) che non sono nemmeno persone, ma espressioni materializzate della stolta cattiveria immanente nella sclerotizzata "cultura" degli uomini - tutti fanno quello che possono, quello che devono, quello che ritengono giusto e possibile per vivere al meglio la vita propria e far vivere al meglio la vita degli altri.
Ma nonostante ciò tutti soffrono ineluttabilmente, non riuscendo ad imboccare subito e senza condizionamenti la difficilissima strada stretta di un abbandono senza riserve ai propri sentimenti.
L'ingiustizia della loro storia mi è rimasta dentro per giorni, come un dolore quasi personale.
Se la buona letteratura serve a far ragionare e ad emozionare, questo romanzo è un ottimo romanzo perché centra entrambi questi obiettivi.
Consigliatissimo, complimenti alla grande sensibilità di Margaret Mazzantini.