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oniricaMente
Un inno all’onirico, alla danza sufi intorno ad un tema delicato come una malattia terminale, un getto d’inchiostro che arriva alla testa con tutta la sua freschezza e ti aspetti, da un momento al’altro, di svegliarti insieme a Marco Donati che, di questo sogno è il protagonista svogliato, ma vivo.
Il primo romanzo di Niccolo Ammaniti, Branchie [Einaudi 1997 ], è un piccolo capolavoro che mi ricorda, con le dovute proporzioni, The Dark Side of the moon dei Pink Floyd dove si mescolano tradizione, innovazione, sogni, realtà, viaggi sommersi per regalarti un mondo che non c’è ma, dentro il quale, ti ci trovi bene.
Marco è un ragazzo che sa di dover morire, un cancro ai polmoni gli mina la vita, e rinuncia ad ogni sorta di cura per lasciarsi morire… la prospettiva della costruzione del più grande acquario indiano gli aprirà la strada per una avventura folle ma che lascia, in bocca e nello stomaco, il sapore di verità che vengono perlopiù taciute come l’esasperata ricerca della gioventù e della bellezza eterna e il traffico di organi.
Non pensate di incontrare un romanzo che si fa leggere con la lacrima pronta a bagnarne le pagine perché Ammaniti usa l’ironia, il surreale e l’onirico per leggere le righe curve della vita di Marco lasciandovi il sorriso sulle labbra dimentichi della malattia e pronti a volergli bene per quel gran cazzone che è.
Nello “scritto” ci leggo anche la sfrontatezza di chi scrive per diletto, senza paura di dover piacere gettando quello che ha dentro come un fiume in piena che arriva alla foce. Non ci sono argini che lo delimitano solo la voglia di scrivere. Bene, bravo, sfrontato, esploratore, innovatore, colonizzatore di terre ancora inesplorate.
Quindi non so se vi piacerà Branchie ma penso che, nella vostra libreria, non possa mancare!
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