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Città vuota
Come un film che a tratti rallenta e in altri accelera, scorre il racconto del primo omicidio di Rosario, un bambino di undici anni.
Sono sequenze senza colore, a parte il rosso del sangue che lui cerca di lavare dalla sua bocca dopo il terribile atto.
Sono scene senza odore, almeno non quelli buoni, a parte il profumo di Santino, il ragazzo che profana l’immagine di Caterina, la ragazza per la quale Rosario avverte da subito un irresistibile desiderio di protezione.
In una città in cui fede, amicizia, amore e sesso si svuotano di significato, la vita di Rosario sembra scorrere fra chi è dotato di bellezza, denaro ed eleganza e chi, per un gioco della sorte, ne è privato per sempre.
A far da cornice al terribile atto, il va e vieni della gente comune che sale e scende dalla metropolitana, si ferma davanti alle vetrine, compra le paste e che, cercando l’ombra dei palazzi in un assolato pomeriggio , lo accoglie nella sua indifferenza.
Sembra un gioco della sorte anche quello dell’autore che riserva a Rosario un destino ineluttabilmente proiettato verso una vita senza emozioni: tuttavia con il suo linguaggio, che ti spinge a leggere lasciandoti di ghiaccio, sembra comunicarti che esiste sempre un modo di dare un senso a tutto, anche solo scrivendo.