Dettagli Recensione
La storia dell'uomo è la storia della sua fame...
“Solo allora Vito aveva capito cosa intendesse suo nonno Antonio quando diceva: La storia dell’uomo è la storia della sua fame. Di affamati che si spostano. E’ la fame dei poveri, dei coloni, dei profughi. E’ la fame avida dei potenti.”
"Mare al mattino" è una storia di profughi, esuli, viaggi, sofferenze, paura, coraggio, speranza...
Sono profughi Jamila e Farid, madre e figlio, in fuga da un paese in guerra. Lo è Angelina, nata in libia da genitori italiani, giuntivi durante l'occupazione fascista e costretta espatriata con l'incombere della dittatura di Gheddafi, ed è profugo di conseguenza anche Vito, figlio di Angelina, perchè esuli si rimane per sempre.
Jamila rappresenta tutti i profughi, i profughi di oggi, quelli dei telegiornali, dei barconi, degli scafisti. Lei che ha sacrificato tutto per il suo futuro, per il futuro del piccolo Farid. Come Jamila e Farid, sono tanti, troppi coloro che sono costretti a fuggire dei propri paesi, costretti ad affidarsi a uomini senza scrupoli, che, pensando unicamente ai propri profitti, li abbandonano su imbarcazioni di fortuna con meno dell’indispensabile. E sono tanti, troppi, quelli che come Farid e Jamila, non arrivano a raggiungere ciò per cui hanno sacrificato tutto. E ancora sono tanti, troppi, quelli che, giunti alla tanto agognata meta si vedono respingere, rifiutare, discriminare, rinchiudere nei famosi C.I.E. ( i Centri di Identificazione e Espulsione italiani, paragonati da chi vi è passato a dei veri e propri lager). Rinchiusi in prigioni che vorrebbero farsi passare per “centri di accoglienza”, in attesa di essere rimandati nei loro paesi di provenienza, più poveri e malridotti di quanto non fossero alla loro partenza. E i governi, “la gente” trova questa soluzione giusta. Altrimenti l’alternativa sarebbe bloccare le frontiere, lasciare morire tutti questi “fuggitivi” in mare, nei loro stessi paesi, logorati da guerre, fame, povertà. Ci sono paesi che hanno già adottato queste misure. E poi, infine, ci sarebbe la possibilità di accoglierli, ma non c’è lavoro, non ci sono soldi, non c’è interesse, non c’è abbastanza per poterli accogliere. E pensare che anche noi italiani, noi europei, noi che oggi rifiutiamo, respingiamo e di fatto spesso “uccidiamo” con le nostre scelte questi esuli in disperata di ricerca di un futuro, anche noi siamo stati un tempo profughi ed emigrati, solo che non vogliamo ricordarlo. Noi, come Angelina e i suoi genitori, abbiamo cercato una vita migliore fuggendo dal nostro paese, verso la Libia, così come verso l’America. Sì, è vero anche molti profughi italiani sono stati respinti, bloccati alle frontiere, sono scomparsi cercando una nuova vita, sperando, ma ciò non ci autorizza a ripetere errori che altri hanno commesso, e che ora stiamo ripetendo.
Ora c’è la crisi economica, il lavoro scarseggia, la povertà e la disoccupazione aumentano, i giovani vedono allontanarsi rapidamente le loro aspettative, il loro futuro. Basterebbe una “ripartizione migliore”, come afferma la Mazzantini in riferimento alla dilagante povertà. I potenti bramano sempre più potere, i poveri e i deboli, affondano sempre più nella loro miseria e solitudine. E’ sempre stato così nella storia, anche se, certamente, ci sono stati momenti in cui questo fenomeno è stato ridimensionato. Ma ciclicamente ricadiamo nei nostri errori, e questa situazione perdurerà all’infinito. A meno che non si riesca a capire, che ci sarebbero risorse per tutti, “basterebbe” che ognuno rinunciasse ad un po’ del proprio egoismo, *perché ancora una volta*, a cercare i responsabili delle guerre, della fame che portano tanti, tantissimi a emigrare, lasciare le proprie case,* non c’è che da guardarsi allo specchio. Ovviamente ci saranno alcuni più responsabili di altri* (rubo le frasi tra * e * al film V x vendettta che consiglio a tutti di vedere), ma è per l’egoismo di alcuni che molti si trovano costretti a fuggire in cerca di condizioni di vita migliori. Forse è utopico pensare che si possa trovare una soluzione, una soluzione equa per tutti, ma come si suole dire “la speranza è l’ultima a morire”.
"Mare al mattino" presenta una realtà, quella dei profughi dei migranti, con frasi dirette, fredde, profonde, cariche di significati e emozioni, come solo la Mazzantini è in grado di fare. Avevo già affrontato il tema dell’ immigrazione,in altri modi, altre circostanze, ma non in modo così diretto ed esplicito. Finita di leggere l’ultima pagina rimane un retrogusto amaro, come un senso di impotenza e di rimorso di fronte alle storie raccontate in “mare al mattino”. E’ questo senso di asprezza e quasi indignazione, si accresce a pensare che le storie di Farid, Jamila, Angelina non sono fantasticherie di un autore malinconico, ma sono reali, o meglio ciò che vivono i protagonisti, è vissuto da centinaia, migliaia di profughi in tutto il mondo. Poi l’indignazione che da principio mi aveva pervaso, lascia il posto allo sconforto e al rammarico e alla delusione. Perché io, io che sono rimasto inerte di fronte a queste tristi verità, non sono meno responsabile degli scafisti che hanno abbandonato una moltitudine di vite su un barcone malridotto. E non ci si può limitare a compiangere i morti, e ad addossare colpe, perché i primi a non agire siamo proprio noi. Questo è ciò che mi ha insegnato la lettura, questo è ciò che ho capito rapportandomi con realtà, che i media e i governi nascondo, non stessi spesso ci rifiutiamo di vedere. Per questo mi sembra oltremodo inconcepibile, che ci sia, oggi, chi riesce a pensare che sia giusto rispedire in mare questi profughi, “usurpatori di lavoro”, “ladri”. Quale lavoro? Sicuramente chiunque di noi farebbe la badante, passerebbe ore e ore a faticare in un campo, rischierebbe la vita in un cantiere abusivo, per una manciata di spiccioli, come accade spesso e volentieri a molti dei profughi che giungono qui in Italia. Perché molti non ne hanno neanche la possibilità, in quanto sprovvisti di permessi di soggiorno, sono costretti a elemosinare senza identità per le strade, o a tornare indietro da dove sono venuti.
Grazie a questa lettura sono riuscito ad avere un’idea della realtà dell’emigrazione. Ed è questo che ricorderò di “mare al mattino”, il sapore del mare in tempesta, il sale incrostato sulle labbra assetate, l’odore di cera nella fabbrica dei genitori di Angelina, il dolore, la sofferenza nell’abbandonare tutto per un futuro incerto, una meta indefinita, coscienti che dovunque sia meglio del luogo da cu si fugge. Ricorderò emozioni e sensazioni, che mi sarà difficile dimenticare, forse impossibile, che non mi hanno lasciato indifferente come spero non abbiano lasciato indifferente chiunque abbia sfogliato le stesse pagine.
Giuseppe
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copio/incollo
E non ci si può limitare a compiangere i morti, e ad addossare colpe, perché i primi a non agire siamo proprio noi
Sai bisognerebbe chiederlo ai Lampedusani e ai siciliani se hanno colpe e se non agiscono in merito con consapevolezza e positività.Noi siamo a contatto con questa realtà e ci conviviamo tutti i giorni.
I centri di accoglienza sono al collasso, non esistono regole ben precise all'interno e la miriade di etnie diverse è una situazione che le nostre istituzioni non riescono a controllare. Davvero triste e davvero tristi i destini di questi immigrati, per questo parlare di colpe diventa retorica e non si venga a parlare di senso di responsabilità, gli italiani ne abbiamo a iosa, accogliamo gli immigrati e non sbattiamo le porte in faccia ai barconi come fa l'isola di Malta.
Dopo anni che vedo le cose non cambiare mai, che sento sempre le stesse polemiche, che ascolto storie di ragazzi e ragazze sempre più drammatiche, quello che cerco di trasmettere alle persone è l’importanza di essere attivi nella propria comunità, di essere interessati e consapevoli e di evitare i qualunquismi. Se ogni persona che parla di immigrazione fosse interessata, consapevole e attiva, avremmo già risolto il problema da un sacco di tempo.
La tua recensione mi è piaciuta molto e scusa la lunghezza del commento.
Valentina
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