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il segno di quelle dieci estati italiane
Siamo nel 2077 e ci troviamo a Lelchitsy, un piccolo paese nel sud della Bielorussia. Siamo stati accolti in casa da Lyudmila, un’anziana ormai novantenne dallo sguardo fiero, intelligente e fermo che con un gesto ci fa segno di sederci accanto a lei; “è arrivato il momento” ci dice “sono pronta a raccontarvi la mia storia”.
Lyudmila nasce nel in questo piccolo paesino situato a pochi chilometri da Chernobyl, nel 1986, l’anno in cui ci fu anche il disastro alla centrale nucleare che tutti tristemente ricordiamo. La famiglia in cui nasce è umile; mamma e papà lavorano per pochi spiccioli che finiscono comunque più nell’alcool che nel cibo. E pensare che di cibo ne servirebbe per sfamare 10 figlioli (o forse 11). Non un sorriso, non una carezza, ciò che fa compagnia a queste creature è la fame, la miseria e lo sporco. Nemmeno la terra sorride a questa famiglia, sprecato è il sudore spremuto per coltivarla, essa ricambia sempre e solo con aridità. Ed è anche arida l'espressione dipinta sul viso della mamma di Lyudmila il 4 Giugno del 1994 quando lascia la sua bambina in aeroporto. Lyudmila andrà in Italia, a respirare un po' di “aria buona”, lontana da quell'aria di casa carica di invisibili tossine mortali.
Ogni estate, per dieci estati, Lyudimila tornerà in Italia per questa “vacanza terapeutica”. Ad accoglierla troverà i “suoi italiani”, Lucio ed Angela e le figlie Paola e Raffaella. Sono volti gentili i loro, volti fatti di tanti sorrisi e di tante lacrime di commozione, cose che Lyudmila nella sua vita non ha mai visto. Strani questi italiani, così trasparenti nelle loro emozioni, così espansivi.
Questo romanzo mi ha intimamente segnata: mio fratello (nonché vicino di casa) e la sua famiglia hanno accolto per due estati due bambine provenienti dalla Bielorussia, due bimbe che hanno avuto l'opportunità di fare una vacanza terapeutica allontanandosi da Chernobyl. Gli occhi, le paure e la goia di Lyudmila sono gli stessi che ho visto nelle nostre bambine. La gioia nel vedere e giocare con l'acqua del mare, l'amore per il gelato, lo stupore e l'incredulità di poter indossare delle scarpe nuove tutte piene di brillantini. Quei sorrisi dapprima abbozzati poi pian piano trasformati in risa fragorose....mille e mille immagini ho impresse nel mio cuore. Dopo la loro partenza (non senza commozione) mi sono interrogata mille volte sull'opportunità che questa“vacanza” da loro; è positiva o negativa sulla loro crescita personale? Non potrebbe invece avere il gusto amaro della consapevolezza di come potrebbe essere stata la loro vita se fossero nate in un altro luogo?
In parte posso dire che questo libro aiuti a superare questi dubbi. Lyudmila attraverso l'esperienza delle sue estati passate in Italia ha si un giovamento nella salute, ma nasce soprattutto in lei la speranza di sapere che la sua vita potrebbe non essere quella toccata in sorte alla madre, del sapere che non esiste solo la fame, lo sporco, l'alcool, le botte e la miseria.
La seconda parte di questo romanzo è infatti dedicata alla vita di Lyudimila, ai suoi sbagli ed errori e soprattutto alle sue riflessioni. Proprio come una persona anziana possa analizzare coscientemente la propria vita a ritroso, Lyudimila ripercorre tutta la sua sofferenza con occhio maturo e consapevole.
La vita vissuta nel buio della sofferenza vede però la presenza di una costante lucina di speranza, ed è la speranza che i “suoi italiani” le hanno donato fin da quelle dieci estati.
Ed è qui che voglio soffermarmi poiché è questo il fulcro di questo romanzo . I semi dell'amore piantati con quel gesto di solidarietà dell'accoglienza sono germogliati e sono cresciuti dentro Lyudmilla arricchendola interiormente.
La costante riflessività interiore di questo breve ma intenso romanzo lo fa divenire un piccolo tesoro. Offre al lettore una visione ampia del significato delle esperienze della vita e del dolore cui essa ci spesso essa ci sottopone.
Un ultimo pensiero va alla scrittrice di questo romanzo che essendo tratto da una storia vera non posso fare a meno di immaginare come una persona che abbia avuto direttamente o indirettamente la possibilità di ospitare un “bambino di Chernobyl”. Dico questo perchè è inevitabile immaginare come possa essere la vita di questi bambini dopo le loro esperienze in Italia, quale ricordo conserveranno di queste vacanze, quale futuro possa attenderli e soprattutto che uomini o che donne diventeranno.
Vi consiglio di leggere questo romanzo senza però abusarne. Penso vada letto lentamente tanta è la commozione e tanti i messaggi che indirettamente si possono cogliere.
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Anche perchè chi riceve queste persone ,lo fa con lo spirito giusto di buona accoglienza...
E' sempre bello vedere che il mondo è attento a chi soffre...lontano e vicino...è un esempio nobile...una semina che , ne sono sicura, darà i frutti nel futuro!
Pia
Pia
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