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Baci da non ripetere
 
Baci da non ripetere 2013-12-02 17:11:26 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    02 Dicembre, 2013
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Il dramma dell’incomunicabilità

Non credo sia facile trovare un libro come questo, capace al tempo stesso di coinvolgere e di sconvolgere, una di quelle opere che si possono definire irripetibili nella carriera di un autore, proprio perché la loro stesura ha richiesto una partecipazione emotiva tale da sconsigliarne un ulteriore ricorso.
Mi preme fin da ora precisare che Baci da non ripetere è molto bello, ma non è di facile lettura, perché è necessario lasciarsi andare, pagina dopo pagina, quasi partecipi dei fatti, in un’altalena costituita dall’esposizione dei due io narranti, con frequenti spostamenti di tempo, spesso a ritroso. Alla fine se ne esce appagati, ma anche con un vago senso di disorientamento, una vertigine che l’abilità di Di Stefano è riuscita a indurre, perché corrisponde proprio a quello che hanno provato i due protagonisti.
Non è mia abitudine fornire la trama, se non per sommi capi, ma questo è uno di quei casi in cui mi vedo costretto ad anticipare un po’ più compiutamente ciò che attende il lettore.
Un immigrato italiano in Svizzera si sposa con una del posto, di classe sociale diversa (lui figlio di povera gente siciliana, lei invece figlia di genitori agiati) e dalla loro unione nasce un bambino che dopo pochi anni, colpito da leucemia, muore. È lì che inizia il dramma, perché quella povera creatura era il collante del loro matrimonio che progressivamente si sfalda. Ognuno, chiuso nel suo dolore, si isola, ridando fuoco a una latente incomunicabilità che segnerà per sempre la loro vita. Il marito, quasi a voler riaffermare le proprie origini, arriva al punto di traslare la salma del bimbo dal cimitero in terra svizzera a quello del paese natale in Sicilia, portando con l’auto la bara, in un viaggio che presenta un sensazionale miscuglio di allucinazione, di tenerezza e di travolgente dolore. La famiglia non esiste più, i due vivono sotto lo stesso tetto, ma non si parlano, così lei un giorno sparisce (sapremo poi che condurrà anche un’esistenza da barbona), per poi ritornare dopo tanti anni al capezzale del marito, prossimo alla fine minato da un male incurabile.
Si riconcilieranno? No, non lo faranno, ognuno completando quel percorso di vita iniziato in ambienti familiari di opposta estrazione, ma caratterizzati per lui da un padre-padrone e per lei da una madre autoritaria, una bigotta di stampo calvinista.
Ma qualche cosa cambierà - e per ovvie ragioni non anticipo nulla – pur in un quadro generale che non può mutare, perché le solitudini dell’infanzia si trascinano nell’esistenza.
Su una cosa voglio essere chiaro: Di Stefano non ha inteso profondere commozione a piene mani, e con la vicenda di un bimbo che muore le occasioni c’erano, ma è molto misurato, non sollecita il lettore a facili lacrime, pur in presenza di qualche pagina che è possibile definire straziante, e questo è senz’altro uno dei pregi del libro. L’altro, assai più importante, è stato di parlare di incomunicabilità rendendo altamente partecipe chi legge, con una tecnica sopraffina, il cui risultato è indubbiamente notevole.
E il titolo ben si presenta idoneo alla tragedia di questa famiglia: baci da non ripetere, cioè non ci saranno più baci di un uomo alla sua donna, di una donna al suo uomo e di entrambi al loro bambino.
Da leggere, indubbiamente.

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Commenti

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Bella analisi. Molti scrittori smielati dovrebbero imparare da Di Stefano.
Ha una tecnica sopraffina e poi parte sempre da vicende vere, anche quelle che non lo sembrano (almeno a quanto mi ha detto lui).
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