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Versilia rock city
 
Versilia rock city 2013-11-19 10:21:15 drysdale
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
drysdale Opinione inserita da drysdale    19 Novembre, 2013
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Fuori dal coro esaltante

La Versilia d’inverno non è quella estiva. E ci sta. E le prime pagine del romanzo, nelle quali Genovesi descrive, con simpatica ironia, questa diversità, sono le migliori e a mio avviso le uniche che hanno presa e significato. Quando, poi, si passa alla caratterizzazione dei personaggi che tale situazione dovrebbero esemplificare, cade tutto.
C’è un ex dj di successo che, per motivi rimasti ignoti, ha deciso un bel giorno di segregarsi in casa (meglio: in una stanza) e trascorrere il tempo a scaricare files da Internet (?) e ad ingurgitare pasticche che lo accompagnino in qualche modo al sonno notturno.
Uno zio dell’ex dj cui i trascorsi di droga e di carcere hanno devastato la mente. Tant’è che il suo sogno, tra un episodio e l’altro di violenza quotidiana, è costruirsi una barca per intraprendere l’attività professionale di pirata. Nel frattempo gli scappa fuori dal nulla pure un figlio tredicenne, che entra nel romanzo senza una storia ma viene ben presto arruolato dal manipolo di soggetti strampalati che danno vita a questo romanzo.
C’è un ex primo della classe, laureatosi, per far piacere alla mamma, in informatica (nei confronti della quale non prova alcun interesse) che si trasferisce a Milano in cerca di opportunità e che sfonda, pensate un po’, producendo viaggi esotici inventati per sfigati che se ne vogliono vantare con i conoscenti. E nel racconto entra di forza anche un suo cliente, surreale come tutti gli altri personaggi.
Tutto sommato, il soggetto meno atipico è l’avvocatessa Trapasso, donna di successo, con vita relazionale normale (evviva!)che però si fa travolgere dalla volgarità e dall’eros piuttosto bestiale del già descritto zio, finché non recupera la giusta lucidità per mandarlo al diavolo.
Un racconto come questo non poteva avere un finale degno di tal nome. Che, infatti, non c’è. Tutti insieme al molo, in notturna ipotizzata fuga verso la Sardegna, lasciandosi dietro un cane e un bambino (forse) morti ammazzati, una madre moribonda in ospedale, una figlia in disperata attesa di notizie del padre scampato allo tsunami che ha investito il suo viaggio inventato. Tutti in fuga allegramente. O, come meglio inteso dalla critica dominante, tutti decisi a lottare contro un destino che li vorrebbe segnati.

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