Dettagli Recensione
Un romanzetto.
E' il primo romanzo che leggo di questo autore e non sono proprio riuscito ad entusiasmarmi.. La co-protagonista della storia, Irene, se dovesse esser assunta come attuale modello di riferimento, lo troverei quanto meno imbarazzante. Lascia il marito (non si sa perchè: noia? fine della passione? assenza d'interessi in comune? boh!) dopo una tresca con un collega di lui (sposato) nella quale, peraltro, decide di non volersi impegnare più di tanto. E, infatti, ne decreta la fine. Poi comincia a trascorrere un tot numero di ore da sola in un bistrot, sorta di pesciolino rosso in un acquario. Ammette con sé stessa di stare lì per rimorchiare, ma il suo atteggiamento nei confronti di chi prova ad avvicinarla è a dir poco supponente. Non manca neppure un pizzico di cattiveria, che la signora (l'autore è connivente?) cerca di spacciare per atto eroico: lo sputtanamento pubblico di un avventore che la corteggia a distanza nonostante sia in compagnia della propria ragazza. E dopo la descrizione "ad abundantiam" della superficialità, della pochezza nonché dell'immoralità di quanti cercano di abbordarla, ecco che lei non trova assolutamente riprovevole il fatto di portarsi a letto un collega d'ufficio, più giovane e belloccio, con l'unico, dichiarato, fine di farci sesso "usa e getta", avendolo, per il resto, già catalogato negativamente. Al co-protagonista maschile, Nicola, viene dedicato spazio inferiore. D'indole tranquilla e sottomessa, quanto meno nel suo rapporto coniugale, il nostro conserva tali caratteristiche anche allorché resta vedovo. I due personaggi s'incrociano solo alla fine del romanzo. Finale aperto. Personalmente augurerei a Nicola, bevuto il suo passito, di uscirsene dal bistrot senza guardarsi troppo intorno.
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Trovo che De Silva sappia scavare bene nell'animo umano rendendo i personaggi assolutamente realistici.
Un Nicola e una Irene potremmo incontrarli ovunque.
Chiaramente...de gustibus.