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SETA
Dare presenza fisica alle parole.
Da lettrice credo che questo voglia dire "scrivere".
Lasciare che il lettore senza sforzo traduca le parole fuori dal foglio, quasi a percepirle, toccarle, odorarle. Questo è il compito dello scrittore.
Ed è un compito che Baricco, in "Seta", svolge egregiamente.
Fa uso delle parole così come un compositore fa uso delle note. Ne conosce a menadito le potenzialità sonore e le sfrutta a servizio e vantaggio della storia e del suo ego che, evidentemente, c'è ed è amabilmente ingombrante.
Chiama il protagonista del suo libro Hervé Joncour. Gli dà una moglie dalla voce bellissima, Hélène, e nessun figlio. Lo fornisce dell'indole di quelli che "osservano il loro destino nel modo in cui, i più, sono soliti osservare una giornata di pioggia" e tuttavia lo rende quasi eroico spingendolo ad acquistare i bachi da seta oltre il Mediterraneo "fino alla fine del mondo", fino al Giappone.
" Hervé Joncour provò a raccontare chi era. […]
Allineava piccoli particolari e cruciali eventi con voce uguale e gesti appena accennati, mimando l'ipnotica andatura, malinconica e neutrale, di un catalogo di oggetti scampati a un incendio."
Col suo racconto, delicato e trasparente come un pannello di carta di riso, in poco più di un'ora di lettura, Baricco sorprende, scuote e commuove.
Cito, infine, le arcinote parole di Salinger, tratte da "Il giovane Holden": "Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira."
Ebbene, Baricco, a dispetto della sua fama di "scrittore alla moda", lascia proprio senza fiato e questa è una cosa che, ahimè, non capita spesso.
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Commenti
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@Marcella Grazie infinite!!!
@Bruno sei sempre un gentiluomo.....
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IN PIE NO
:-)