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Il gioco della verità
Il risvolto della originale copertina riporta fra l’altro:….
“un gruppo di criminali cattura l'imbarcazione sequestrando ospiti ed equipaggio. Condizione estrema, estrema modalità di sopravvivenza. Leo propone un "gioco": ciascuno deve narrare agli altri una memoria segreta, un episodio vissuto o conosciuto mai rivelato prima. Dai crudi racconti emergono i tratti più riposti del carattere dei protagonisti: da Christine, gelosa e succube dell'amica Eliana, a Vito, uomo d'ordine incapace di smascherare un collega, a Guido, intellettuale sgomento di fronte alla grave malattia del contitolare della farmacia, che con Leo, smagato dalla vita, intesse fitti dialoghi su temi esistenziali e religiosi. Ma son tutte vere quelle storie o in realtà nascondono la "doppiezza" dell'essere umano?..”
A leggere queste parole sembrerebbe che il viaggio avventuroso di un gruppo di amici presenti caratteristiche di un thriller, con i sequestratori che si impadroniscono di un’imbarcazione in navigazione, con le inevitabili successive peripezie.
Non è così, però, o almeno lo è solo in parte, perché l’intenzione dell’autore è tutt’altra. La sua vuole essere un’analisi attenta e approfondita dei personaggi, mettendo a nudo il loro reale carattere, che si mostra grazie al pericolo. In questo gioco che si snoda durante il sequestro si svela così la vera natura di ognuno, si mettono alla luce verità inconfessabili, insomma si alza il sipario sulle apparenze. Sono esseri cinici, in cui l’esistenza è un palcoscenico in cui rappresentare una commedia con un copione già scritto e in cui gli attori, nel loro intimo, non sono mai i personaggi che interpretano.
Si tratta di un progetto ambizioso indubbiamente e in buona parte anche riuscito, e questo è senz’altro il merito del libro.
Per quanto possa comprendere che non è facile scrivere di certi argomenti, devo però rilevare che lo stile di Caccavale , la sua narrazione sono abbastanza grevi, con un ritmo che appare lento, salvo rare pagine, e che se presenta il vantaggio di indurre il lettore alla riflessione, però alla lunga finisce con stancare, e così si arriva alla fine con sollievo. O forse ci si affatica nel leggere perché anche noi, guardandoci dentro, cominciamo a ritrarre l’impressione che le nostre vite siano due: quella esterna, in cui ci sforziamo di omologarci, e quella interiore, profondamente diversa, anche se ci è difficile ammetterlo.
Da leggere, comunque.
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Ciao
Renzo
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Bruno