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Le tinte forti del Mediterraneo
Anna è una quarantenne milanese che conduce una vita malinconica e poco emozionante. Grazie a un'inserzione letta casualmente sul Corriere della Sera decide di trascorrere la propria vacanza estiva nella Casa degli Ulivi: una masseria nella campagna calabrese tra le colline del crotonese e la marina ionica. Lì giunge con la speranza di riposare, conoscere luoghi nuovi e, perché no, anche in cerca di occasioni per riscattare la monotonia della sua vita impiegatizia.
L'impatto con la Calabria è una scossa di emozioni: il profumo della natura, il sole accecante, i colori nitidi, primo fra tutti quello del mare cristallino. Proprio lì, su una spiaggia deserta, avviene l’incontro con una creatura mitologica, bella e nuda: e Anna sperimenta il brivido erotico, a cielo aperto, grazie a Rocco, pescatore orfano di padre e forse in cerca di una figura materna. Nella passione per Rocco, Anna scarica la sua insoddisfazione, reagendo a regole, doveri e ipocrisie, nel tentativo di abbandonare la propria solitudine.
Ben presto però il nuovo amore si scontra con la mentalità di Rocco, con i suoi complessi e con le sue menzogne. Ma Anna è decisa e vuole penetrare tutti i segreti. Quelli di Rocco, quelli delle proprietarie della Casa degli Ulivi: la benevola e comunicativa Angela Famularo e sua sorella Teresa, scostante e introversa, che vive nel ricordo del suo unico amore scomparso nel nulla trent'anni prima. Le due sorelle – nella mitologia mediterranea che intride la storia – sono vestali nere, figure che covano misteri e contraddizioni, ricordi indicibili custoditi con gelosia e omertà.
Anna è investita dal vigore di un passato tacitato, che emerge anche per effetto della caparbia volontà femminile di conoscere e portare alle estreme conseguenze un viaggio non soltanto geografico, ma soprattutto interiore.
Il romanzo è colorato dalle tinte abbacinanti della Calabria, dall’intensità di una storia d’amore carnale, dalla potenza dei ricordi e dalla violenza degli eventi narrati. Ed è bello e vitale come un paesaggio calabrese.
Bruno Elpis
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