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Il commissario Soneri e la mano di Dio
Un cadavere spaggiato sotto al Ponte di Mezzo allontana il commissario Soneri, sul margine di una crisi della mezza età, da Parma portandolo in un piccolo paese di montagna che, chiuso sotto tutti i punti di vista, si rivela ben presto un posto dai mille segreti dove si combattono il desiderio di modernità e la salvaguardia dell’ambiente naturale. Il ritmo dell’investigazione (e del libro) sembra adattarsi all’ambientazione, in cui la vita scorre tranquilla, quasi immobile, nelle giornate brevi di un inverno che continua a scaricare neve dal cielo: il poliziotto procede a piccoli passi, girando anche un po’ a vuoto, e per riuscire a tirare tutti i fili deve dar fondo alla sua pazienza e dar retta più di una volta alla voce della compagna Angela che lo ha rocambolescamente raggiunto. Se non si può dire che la soluzione del mistero sorprenda davvero – già il titolo aiuta parecchio – lo svolgimento della storia coinvolge il lettore con il suo andamento lento e quasi ipnotico, come i fiocchi che cadono lenti e il silenzio della montagna innevata. Non che il libro sia esente da difetti, con qualche personaggio ai limiti della forzatura, come lo spiritato Don Pino e il famelico gruppo che annovera fra le sue fila i ‘cattivi’ della vicenda, per non parlare della creazione fuori fuoco (si potrebbe anzi dire decisamente troppo lontana dalla realtà) della comunità dei Fauni: le conseguenze si notano soprattutto in qualche momento un po’ forzato e in un eccesso di prediche sull’avidità del giorno d’oggi in contrasto alla sacralità di montagne e boschi. Malgrado ciò, il libro resta comunque un buon giallo che si legge con piacere e che incontrerà il gusto di chi apprezza le storie che avanzano solo poco alla volta, ingabbiando il lettore come Monteripa fa con Soneri: i frettolosi, invece, è meglio che si astengano, prima di perdere la pazienza quando il commissario comincia di nuovo a rimuginare su se stesso.