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Ho pedalato fino alle stelle
Paolo Aresi scrive per passione da tanti anni: è giornalista professionista del quotidiano “L'Eco di Bergamo”.
E' uno scrittore di fantascienza e attento autore di opere legata all'epopea spaziale, al desiderio di conquista di una nuova frontiera tra gli astri, con diverse pubblicazioni con le case Editrici Nord e Mondadori.
In questo romanzo invece il suo interesse si è rivolto verso una ricerca interiore del passato, visto attraverso gli occhi di una donna di 49 anni: è Marcella, madre, moglie e professoressa, che decide di farsi una “bella pedalata” con la sua azzurra bicicletta Bianchi.
Marcella non ha in mente una fuga, ma mano mano che pedala il suo pensiero la spinge verso la libertà: “Quando i figli sono grandi e possono camminare con le loro gambe, allora hai pagato il riscatto e diventi un liberto, schiavo liberato...”
Marcella quindi, senza sapere esattamente cosa cerca si allontana per una vacanza dalla famiglia e dagli obblighi: rimpianti e ricordi, speranze mai realizzate e personaggi del passato si ritrovano lungo la sua strada.
Sono amici, fatti antichi, eventi che si incrociato con il presente, ma sono pure esperienze personali e tanti avvenimenti di un Italia sia attuale, sia coperta dalla polvere del tempo.
Cosa cerca Marcella, con il suo lungo e coraggioso “giro d'Italia”, che la porta dalla Toscana sino alle falde del Vesuvio?
Incontra persone che parlano della guerra, dei tedeschi, dei bombardamenti, dei partigiani, poi cerca amici e amiche, tra i suoi pensieri e nella realtà: bussa, suona campanelli, rintraccia un passato felice e speranzoso, ma sempre faticoso, come una salita in bicicletta.
Ci sono incontri nei pensieri e lungo la strada della ciclista in fuga: sono personaggi incontrati per caso, con le loro storie, anche dolorose.
Ci sono i nonni e gli zii, ma pure le amicizie del passato.
Marcella si rammenta di una fuga di una sua amica, Francesca, una ribelle impegnata nel collettivo studentesco, allora adolescente e compagna di scuola.
Pure la nostra futura madre e moglie modello cercò di imitare l'amica “scapestrata”. Marcella, ragazza senza grilli nella testa, raggiunse la stazione con i soldi sottratti alla famiglia, ma ebbe un ripensamento: faceva freddo e il suo itinerario era la Germania, ancora più fredda della sua città, andò regolarmente a scuola, ma la fuga fu rinviata.
C'è tutta un'Umanità variegata in questi incontri ed aprono a dilemmi antichi: “Ma chi era il giudice di gara? Esisteva un matrimonio felice sul pianeta terra?”
La sua ricerca la porta a rimpiangere scelte libere mai fatte: “Quattordici anni. Quelli erano gli anni, aveva ragione Francesca: dopo i venti era tutto finito, diventavi maggiorenne e ormai eri vecchia......”
Questa lunga evasione la riporta verso la via del ritorno a casa, a Nord.
Il finale non è drammatico, né risolutivo, come spesso capita nella vita reale: “Avrebbe lucidato la sua celeste Bianchi. Avrebbe pensato a Michele. Avrebbe ricordato Simone........Avrebbe preso una casa nella sua città del Nord, sulla porta della sua estate.”
Marcella quindi non dà e non vuole dare risposte esistenziali, religiose, filosofiche o scettiche sul senso dell'esistenza: sceglie di vivere, di pedalare, cercando il suo futuro e il suo passato, percependo ciò che sta attorno a lei, ma mai si arrende, perché la vita è piacevole, con le sue stagioni, pare dire l'autore e merita di essere vissuta con coraggio, anche quando si suda in sella a una bicicletta.
Il romanzo è una prova di abilità di Paolo Aresi: sa ben coniugare ricordi ed emozioni, paure e descrizioni di personaggi in questa lunga pedalata.
Attira l'attenzione del lettore con molte curiosità, fatti, piccoli avvenimenti, con descrizioni precise di personaggi e di situazioni: ci sono estati felici, calde con giochi e spensieratezza, inverni al Nord, freddi, ma zeppi di desideri.
La vita che scorre quindi ha un senso?
Pare proprio di sì, ma tutto è celato, forse è un po' misterioso: “I fantasmi camminano dentro di noi, sono instancabili, percorrono le strade di polvere della nostra mente.”
Arduino Rossi