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Come uomo lavorato dalla sofferenza
"Come sasso nella corrente" è il penultimo libro di Mauro Corona.
I suoi libri sono vissuti e lavorati meglio delle sue sculture, delle sue scalate o delle sue bevute, e ci rendono partecipi del travaglio dell'esistenza umana. Dentro le sue storie c'è sangue, sudore, sofferenza, rabbia, dolore, fatica, delusione, sogni, spettri, inferno, morte e desolazione, ma anche pace, saggezza, orgoglio, speranza e disillusione, desiderio inappagato di fraternità e condivisione umana. C'è tutta la vitalità umana del superare i problemi, del sopportare le afflizioni e del comprendere il mondo circostante in una dinamica discorsiva e spirituale messa a nudo in modo sincero con contrasti di spavalderia, vanità, e a tratti con una delicatezza e una sensibilità poetica inusuali.
In "Come sasso nella corrente" capiamo precisamente da donde viene, chi è, come gli riesca di scrivere così bene di montagne, di foreste, galli cedroni, di pietre e fiumi, di piante e fiori, dove tragga la sua prosa con il sostegno di frasi o riferimenti ad autori come Checov, Ibsen, Cervantes, e a decine di altri. A dispetto del suo esibizionismo, dell'immagine selvatica e della rozzezza apparente, l'autore è secondo me il vero intellettuale. Perchè egli ricerca interiormente quello che scrive. Come un vero artigiano del pensiero lavora le proposizioni con l'intelletto come usa la scorbia per scolpire, e mi stupisce. Stupirà ovviamente di più tutti quelli che come lui hanno affinato la stessa sensibilità al dolore esistenziale.
Non mi stupisce invece che possa essere disprezzato dai gelosi e dagli invidiosi che destituiscono la sua bravura criticandolo nel suo lato grottesco, o che lo diminuiscono imputandogli una semplice fortuna editoriale dovuta all'interesse del pubblico per le storie naturalistiche, che poi di naturalistico hanno unicamente lo sfondo. In esse infatti primeggia l'uomo e il suo lavorio culturale che ha il compito nell'arduo tentativo di trovare i significati, la pace e la conciliazione fraterna, addirittura quella cosmica. Non mi stupisce che sia osteggiato anche dalla elite di chi ha ricevuto gli effetti granitici di studi tranquilli, di genitori e nonni sereni che li hanno vezzeggiati e che in loro hanno riposto la prosperità futura, gli equilibri sentimentali ed emotivi, con l'unica mira di perpetuarsi il vanto, l'onore, la casata, la professione. Non certo il respiro dello spirito. Questi sono come dei nemici naturali, esseri inconciliabili.
Non mi stupisce nemmeno che l'autore venga attaccato perchè poi non vive coerentemente i suoi ideali. Cosa dovrebbe fare? Ritirarsi come un folletto nei boschi e mai più comparire? Non scrivere più libri perchè diventati un vero fenomeno editoriale, quindi rinunciare a quella fortuna economica? Indipendentemente da come poi usi quei soldi, questione che non ci è dato sapere (certamente non gira con l'autista come Bossi junior, nè si compra lauree o auto sportive) l'opera di Mauro Corona è ugualmente catartica perchè egli non è mai ignaro delle sue contraddizioni. E' lui stesso a dirci che il benessere ci ha impoverito, ha abbacinato il nostro pensiero che non riesce ad essere più fertile perchè ricerca se stesso, si morde la coda, non si autentica nella prassi; è finto, cerca la fama, cerca la notorietà, viene esplicato in una falsa cultura.
Questa è la vera causa della crisi morale del Paese! Di tutto il sistema di pensiero fatto di espressioni verbali con solidi ed enciclopedici convincimenti che non si sono mai dati pena della carità, ma solo della verità. Come nei catechismi, nei credi filosofici, nelle elaborazioni politiche e sociali. Tutto un parolaio immenso purtroppo dimostratosi fuorviante, male indirizzato, incapace di incontrare la persona, ciascuna, e innalzarla. Un parolaio che colto nel raffronto con le sue finalità mai raggiunte non risparmia nessuna Istituzione.
E allora, qual'è il punto di risoluzione di tutto? E' nella sofferenza. Nel giustificarla, nel renderla purificante, nel farne un elemento principale di cultura. E' lì che si rinnova il senso delle cose perchè è lì che tutti ci riconosciamo. Con l'amore l'altro elemento identificativo dell'umanità; due faccie della stessa medaglia 'uomo'. Ecce homo. Averla ripudiata, mascherata, rinchiusa, travestita, bandita, avversata, insultata, è stato l'errore più macroscopico della modernità. E' come essersi negata la possibilità di una resurrezione spirituale; l'essere si eleva sempre considerando la sua bassezza. Togli la coscienza della bassezza e avrai un super-uomo, scemo, presuntuoso e cretino anche con un sacco di parole in testa.
Il concetto redentivo della sofferenza, sta in molte elaborazioni del ricchissimo pensiero passato, e in particolare in questi sotto:
"Noi non abbiamo forse valore se non per le nostre sofferenze. C'è tanta gente la cui gioia è così immonda, il cui ideale è così meschino, che noi dobbiamo benedire la nostra disgrazia se ci fa più degni". Gustave Flaubert
"Chi non ha sofferto, non sa niente: non conosce né il bene né il male, non conosce gli uomini, non conosce sé stesso". François de Salignac de La Mothe-Fénelon
"La sofferenza è l'elemento positivo di questo mondo, è anzi l'unico legame fra questo mondo e il positivo". Franz Kafka
"Chi non ha sofferto non è un essere: tutt'al più un individuo". Emil Cioran