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L'amore graffia il mondo
 
L'amore graffia il mondo 2013-08-20 03:17:27 Bruno Elpis
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    20 Agosto, 2013
Top 10 opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Dimmi un po' Signorina...

Quante volte da bambini abbiamo sognato sulla scia di una bolla di sapone coloratissima, che abbiamo seguito con lo sguardo e con la fantasia suscitata dalle iridescenze di una goccia d’acqua insaponata?
Quante volte da bambini abbiamo immaginato storie e travalicato misteri, semplicemente accarezzando i giochi delle ombre cinesi proiettate sul muro da una luce?
Io, mille volte. E mille volte ancora.
Qualcosa di simile accade a Signorina, figlia di ferroviere, quando alla stazione incontra un ometto strano, che con un foglio di carta realizza un vestito: “Signorina rimase da sola, a contemplare la sua bambola risplendere di una nuova grazia e di eleganza, con quel fragile vestito di carta colorata che le toglieva gli anni di consunzione e lo sporco, le ditate dell’affetto e dei giochi, fasciandola con la bellezza che hanno le cose semplici, leggere.”
Così Signorina scopre di possedere un talento straordinario nelle proprie mani (“Tu hai l’oro nelle mani”), un’abilità che la modestia le impone di celare: “No signora, è l’unico che so fare”, si schermisce la ragazza, “arrossendo… per la bugia che stava propinando all’anziana sarta…”

Il romanzo è la storia delle occasioni mancate di una bambina sensibile e intelligente, che avrà la vita marchiata dal sacrificio, dalla sfortuna e dalla rinuncia.
Signorina patisce una cultura patriarcale ove il capofamiglia relega la donna (“Il fastidio per la nascita di un impiastro di femmina fu un poco mitigato dalla bellezza che anche un ammasso d’acciaio riusciva a esprimere in quel procedere maestoso … Quindi si mosse verso la banchina e alzò la paletta da capostazione per arrestare la bellezza davanti ai suoi piedi”), ne soffoca le ambizioni culturali e, in punto di morte, chiederà scusa alla figlia per tutto (“per averle sottratto il rossetto, per averle tagliato a pezzetti le sigarette, e impedito che uscisse la sera a ballare con le amiche, e proibito le calze di nylon e altre decine di cose…”), ma non per l’errore più grave: averle impedito di proseguire gli studi.
In questa famiglia patriarcale la mamma è inconsapevolmente complice del patriarca, con il suo spiccato senso della sottomissione (“… non sapeva né leggere né scrivere e di quelle attività aveva un concetto sospettoso e persino peccaminoso”), mentre il rapporto tra i due sessi sembra ispirarsi alle idee del fascismo: “la meraviglia di un perfetto scambio tra la forza virile e la fragilità muliebre, tra chi possedeva e chi era destinato a essere posseduto, qualcosa che accomunava le donne e le colonie…”

Nel corso della vita Signorina scopre, tappa dopo tappa, che l’amore graffia il mondo e che la vita graffia l’animo, in una tragica sequenza ove “un peso appena allontanato” prelude a “un altro nuovo che già le stava graffiando la vita.” E realizza così un destino opposto a quello che avrebbe desiderato per sé, si sposa per ripiego (“lei vide il volto di un bambino graffiato da un dolore, il cuore le si intenerì e Beppe in quel momento le parve persino bello”), affronta scelte dolorose e la malattia del figlio Ivo (“Il piccolo … pareva avere un difetto dovuto alla nascita prematura”. “Lo dovete tenere come un cristallo, intesi? E’ l’unico modo per allungargli la vita”), incappa lei stessa nel disturbo mentale che la trasforma in “una persona molto distante dalla Signorina che lui aveva conosciuto e amato, neanche fosse una vecchia stanca e vinta dalle cose della vita.”

Ricorrono in questo romanzo molti dei temi cari a Riccarelli. Nello scorso mese di luglio, questo autore straordinario ci ha lasciato orfani di una penna - la sua - che sa tracciare solchi profondi nell’animo di chi legge. In quest’ultima opera abbiamo modo di rivivere il gusto per la saga della famiglia numerosa negli anni del fascismo e del secondo conflitto mondiale (durante il quale i fratelli subiscono una diaspora: Leone in Africa, Severo in Grecia, Olmo in Russia), lo stesso gusto che abbiamo amato ne “Il dolore perfetto”. E ritroviamo il senso della difficile lotta quotidiana che i trapiantati sono costretti ad affrontare e che abbiamo già letto in “Ricucire la vita” …

Bruno Elpis

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
... "Il dolore perfetto" o "Ricucire la vita" dello stesso autore
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Commenti

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Ammirazione profonda per le tue recensioni Bruno!
Leggendo le varie opinioni mi sembra proprio che Riccarelli (uomo meravigliosamente coraggioso) sia un autore da avere assolutamente in libreria....
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C.U.B.
20 Agosto, 2013
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Bruno, due cinque e tre in piacevolezza, ti ha un po' stufato ?
Curiosita' :-P
oramai io e Cub viaggiano in tandem :-)
ti volevo rivolgere la stessa domanda.....cosa ha dettato il tuo 3 sulla piacevolezza?
Hai estrapolato stralci interessanti. Ma non sarà un po' troppo "vittima" questa Signorina?
In risposta ad un precedente commento
gracy
20 Agosto, 2013
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Si accresce sempre di più la mia curiosità!
Bruno Elpis
20 Agosto, 2013
Ultimo aggiornamento:
20 Agosto, 2013
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@ Cristina, si per me è una vittima (se non lo trovi troppo lungo puoi leggere quel che scrivo in risposta a Cub e Silvia: anche a loro concedo ovviamente il beneficio di non leggere il mio sproloquio!) :-)

@ Daniela e Gracy: vi aspettiamo al varco! :-)

@ CUB e Silvia: vorrei precisare che il mio “tre” alla piacevolezza dipende da una considerazione razionale e da uno stato d’animo del tutto personale.
La considerazione: per chi ha già letto altre opere di Riccarelli, questo romanzo non rappresenta una novità, ma un’altra declinazione di alcuni temi che lo caratterizzano. Quindi viene un po’ meno l’effetto “novità” che ti colpisce quando scopri uno scrittore per la prima volta.
Lo stato d’animo: il romanzo è pervaso da una tristezza di fondo che può infierire sulla propensione personale al pessimismo esistenziale, e peggio ancora: al pessimismo cosmico. Inoltre, siccome generalmente mi lascio catturare in prima persona dalle letture che vivo (ehm, volevo dire: dalle letture che scelgo), sono rimasto infastidito da quello che reputo uno dei peggiori delitti che l’uomo possa compiere: l’attentato alla cultura. Questo padre ferroviere, che sacrifica l’intelligenza e la sensibilità di Signorina e non se ne rende neppure conto, proprio non lo giustifico. E suscita la mia reazione sdegnata. Chi soltanto intravede un talento naturale in un figlio, ha il dovere sacrosanto di consentirne e favorirne la realizzazione. A qualsiasi costo! Lo so, è una reazione assolutamente emotiva, ma in fondo la lettura di un romanzo che cos’è, se le togliamo il coinvolgimento emozionale?
Se Signorina avesse rispettato la sua naturale intelligenza, se l’avesse coltivata, come sarebbe stata la sua vita? Avrebbe lottato per coronare un sogno d’amore, non si sarebbe accontentata di Beppe. SPOILER: Non si sarebbe mai recata da una mammana! Ecc., ecc.: in una parola avrebbe avuto un’altra delle mille vite possibili, non quella che le è toccato vivere.
OK, chiedo scusa per la filippica, ma la colpa è anche un po’ vostra! Certe domande…
Con tutto questo, spero che Riccarelli vinca il Campiello.
:-)
Per rispondere alle tue domande iniziali...anche io come te!
E concordo con te Bruno...è un vero peccato vedere non attivati talenti potenziali dei figli...vittime di scelte imposte dalla famiglia...fa rabbia...proprio tanta...
Pia
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Bruno Elpis
20 Agosto, 2013
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Vero? Ciao Pia :)
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Cristina72
21 Agosto, 2013
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@Bruno: E' bello quando si parla di personaggi inventati come se fossero realmente esistiti. Si vede che questo romanzo ti ha coinvolto!
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C.U.B.
21 Agosto, 2013
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Capisco Bruno, sei stato chiarissimo. Certo e' che nel periodo storico e nella situazione sociale in cui era ragazzina Signorina era abbastanza frequente far fare dietro front alla maestra.
( Che tenerezza quando se ne e' andata via come un cane bastonato quella maestra).

Concordo col commento di Cristina qui sopra, non solo lettori, ma in prima linea :-)
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