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Il tempo che vorrei
 
Il tempo che vorrei 2013-08-01 09:14:23 Aspasia1989
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Aspasia1989 Opinione inserita da Aspasia1989    01 Agosto, 2013
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MERITIAMO TUTTI UNA SECONDA OCCASIONE

La settimana scorsa ero su un treno diretta a casa: ero stanca, avevo caldo, sonno e provavo quella sensazione di vuoto allo stomaco tipica di quando hai appena passato due ore su un esame universitario e non sai quanto dovrai aspettare per conoscerne i risultati. Per passare il tempo stavo ovviamente leggendo quando ecco accadere il dramma: uno sconosciuto seduto di fronte a me tira fuori un romanzo, alza lo sguardo e incontrando i miei occhi mi chiede cosa stessi leggendo. Dopo aver sentito la mia risposta alza con orgoglio la copertina del suo che riconosco subito come uno dei tanti romanzetti firmati Fabio Volo.
Ora, al di la del fatto che ho volontariamente ignorato il mio compagno di viaggio in seguito a questa scoperta, ho avuto una sorta di triste epifania: ho sempre denigrato il buon Fabio e i suoi romanzi basandomi sull’aver sfogliato un suo libro e aver letto qualche passaggio qua e la ma non gli ho mai dato modo di spiegarsi, di dire la sua insomma. Così dopo aver consultato le mie fonti segrete ho deciso, nonostante la ferma opposizione dei miei neuroni e del mio buon senso, di leggere “Il tempo che vorrei”.
Il protagonista, Lorenzo, è un ragazzo profondamente in sintonia con le proprie emozioni (non potete neanche lontanamente immaginare la frequenza con cui leggerete “ho pianto” ), un po’ come una giovane donna. È nato in una famiglia povera (anche questo non smetterà mai di ripeterlo), ha abbandonato gli studi per portare un po’ di soldi a casa, per una serie di fortuite coincidenze ha fatto carriera e si è trasferito a Milano. Qui ha incontrato la sua “lei” con cui ha convissuto per poi essere abbandonato perché “impossibilitato ad amare qualcuno”: il romanzo è incentrato su una lunga introspezione che analizza minuziosamente il rapporto di Lorenzo con il padre e di Lorenzo con la sua ex, infarcito di luoghi comuni, frasi fatte, immagini stereotipate e emozioni latenti che hanno confermato la mia teoria secondo cui l’80% dei libri del piccolo Fabio sono composti da frasi tratte dai Baci Perugina e il restante 20% da punteggiatura.
Leggere il quinto romanzo di Fabio Volo è stato stilisticamente parlando un po’ come frequentare un corso preparto,: i paragrafi sono composti da brevi frasi. Immaginate lo strazio di dover spezzare il ritmo di lettura appena ingranato. È lo stesso che chiedono di fare alle partorienti con la loro respirazione per far nascere il proprio pargolo. È lo stesso meccanismo che sto usando in questo momento. Non sentite un formicolio alle mani?
“Il tempo che vorrei” è un libro che mi ha fatto pensare al passato: ricordo con nostalgia quando ero un’adolescente complessata che trascorreva i pomeriggi a riflettere con il mio migliore amico ai tempi del liceo su cose come il senso della vita, le relazioni tra gli esseri umani, l’amicizia e l’amore.
Allora ho capito.
Fabio Volo questo periodo di profonda riflessione critica, saccente e un po’ bohèmienne non l’ha ancora superato: va ancora in giro portandosi a braccetto la versione brufolosa di se stesso e come tutti gli adolescenti di oggi sente la necessità quasi fosse una missione umanitaria (non richiesta, tra l’altro) di dover condividere le sue turbe con noi attraverso i suoi libri.
Fabio Volo è il Federico Moccia degli adulti: viene acquistato da una generazione di post-adolescenti che credono di essere “cresciuti” per il semplice fatto che sono trascorsi più di trent’anni dalla loro nascita ma che in realtà sono ancora affossati nella triste palude della loro tenera età cerebrale e non sono in grado di superare le difficoltà che spesso devono affrontare.
La quantità materiale di libri venduti da un autore del genere è un triste sintomo di come la nuova generazione di adulti si rapporta al mondo; allora cari giovani sbarbatelli, vi svelo un segreto: ogni singolo essere umano sulla faccia della Terra ha passato, sta passando o passerà dei brutti momenti. È la vita, un roller coaster la cui velocità la stabiliscono i fatti: a voi non resta che godervi il giro.

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