Dettagli Recensione
...Scripta manent
“Ti volevo dire” è un titolo che trovo molto appropriato per questo romanzo di Daniele Bresciani in quanto ne anticipa il tema principale: la difficoltà di comunicare, talvolta, con la propria voce quello che si prova nel proprio intimo. Forse ciò e dovuto alla paura di non trovare velocemente le parole più adatte per esprimere quello che, probabilmente, appare confuso anche a noi stessi. La scrittura, allora, è un’ancora di salvezza:si può pensare più a lungo prima di scrivere sul foglio i termini più appropriati e nell’atto della scrittura, più lenta, ci si può permettere di fermarsi un attimo e riflettere, così da far chiarezza piano piano in noi. Oppure, è un mezzo per evitare di guardare negli occhi il destinatario dello scritto evitando, in questo modo, di vedere in essi la delusione nello scoprire le parti “oscure” del nostro animo o del nostro vissuto. Così Giacomo, uno dei due protagonisti, più bravo con la penna che con le parole, alla sua morte, lascia alla figlia lettere e agende, che si riferiscono ad un periodo importante della sua vita, quando, appena ventenne, ha vissuto un amore più grande di lui per Claire, una ragazza inglese. Riesce, in questo modo, ad esprimere quello che per anni non è riuscito a comunicare con le parole e che ha tenuto segreto nel suo cuore, ad affrontare, finalmente, la sua coscienza , regalando, inoltre, a sua figlia la possibilità di conoscerlo nel profondo. Viola, la figlia, leggerà i preziosi scritti del padre nel collegio svizzero dove la madre l’ha iscritta nella speranza di risolvere il suo disturbo. La ragazzina, infatti, non riesce più a far uscire dal corpo la sua voce: la sua difficoltà, però, è dovuta al mutismo selettivo di cui ha iniziato a soffrire poco dopo la morte del padre. Per lei, l’unico modo per riuscire a comunicare con gli altri, aggirando il suo problema, è proprio l'utilizzo di un block notes, su cui scrivere qualche parola. Ho apprezzato molto la decisione di Daniele Bresciani di parlare, con delicatezza, di questa patologia ancora poco conosciuta. Soprattutto mi è piaciuto il modo in cui ha evidenziato che il mutismo selettivo non è sintomo di ritardo mentale ma è un disturbo che crea disagio in chi lo subisce: è una prigione da cui è difficile evadere. Un altro aspetto che ritengo positivo in questo libro è come l’autore ha costruito i suoi personaggi, in particolare Fulvio, coinquilino del giovane Giacomo e Leslie, compagna di stanza di Viola: entrambi sinceri, schietti e fedeli amici dei protagonisti. Il romanzo, in cui si alternano le vicende di Giacomo, ambientate a Londra negli anni Ottanta, e quelle di Viola ai giorni nostri, propone tematiche delicate e offre al lettore momenti di dolcezza, di malinconia e altri, invece, più leggeri e divertenti. La lettura, a mio parere, è molto scorrevole e piacevole, il libro si legge tutto d’un fiato. Il mio giudizio per questo romanzo è positivo nonostante il finale che, personalmente, ho trovato un po’ troppo improvviso e frettoloso e che mi ha lasciato qualche curiosità su alcuni aspetti non svelati nel racconto. Ne consiglio la lettura a tutti coloro che amano i racconti d’amore, non quelli fiabeschi e perfetti, ma immaturi, passionali e veri: destinati, cioè, ad eterni rimorsi e ricordi. Inoltre, a chi ama leggere storie di confronti tra genitori e figli, con le loro incomprensioni, da quelle più superficiali (divertente il confronto tra due epoche musicali completamente differenti che Bresciani evidenzia più volte nel suo racconto), a quelle più spinose , come la paura di entrambe le parti di deludere e di essere giudicati.
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Commenti
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..in lista sicuramente...
Ciao! Pia