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Le vite sghembe
 
Le vite sghembe 2013-07-24 15:22:17 luvina
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
luvina Opinione inserita da luvina    24 Luglio, 2013
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Le vite sghembe

"Esiste una nuova, potente letteratura del lavoro ma non ha alle spalle la promozione del critico" Aldo Nove
Ecco, questo romanzo fa parte di questa letteratura nella quale giovani autori cercano di raccontare e spiegare il loro malessere. Perché "Le vite sghembe"? Perché due rette sghembe non necessariamente divergono ma non sono complanari, cioè insistono su piani differenti, come del resto le vite lavorative dei precari: su un piano quelli con i diritti, i contratti a tempo indeterminato, le ferie e le malattie pagate, su un altro la moltitudine di quelli che hanno contratti di tutti i tipi ma sempre a termine, senza garanzie, sottopagati, lavorano nello stesso posto, svolgono le stesse mansioni ma sono su piani differenti, rette sghembe appunto.
Il protagonista è Gillo, un ricercatore matematico precario, ma anche tutti i suoi amici (Elio Fuzzy Bianca Antonio Domenico) sono precari ed hanno vite precarie. Il precariato per tutti questi giovani è una condizione essenziale che influenza anche le loro vite sentimentali ed umane perché l'insicurezza e la desolazione corrodono le basi dei rapporti (anche Gillo verrà lasciato da Samoa come Bianca rimarrà sola a crescere il bambino).
Gillo però non è rassegnato, non accetta tutto passivamente ma tenta di ribellarsi a questo stato e cerca anche di coinvolgere altri, di aprirgli gli occhi, perché ha capito che soli non si va da nessuna parte (bella è la descrizione del corteo studentesco); scoprirà però che il problema è collettivo ma le soluzioni sono individuali, che si cerca di coltivare il proprio orto non accorgendosi che ci si isola tanto è vero che la frase più ricorrente dei suoi colleghi al call center è "fatti gli affari tuoi, non ti immischiare".
Gillo è sempre alle prese con una sensazione che poi pervade tutto il romanzo alla quale non sa dare un nome e altro non è che senso di vuoto. Questo senso di vuoto, di sconfitta, non abbandona il protagonista nemmeno quando decide di emigrare negli States perché comunque è un fallimento; Gillo, nonostante la sua combattività, nella partenza riconosce la mancanza di speranza, la tristezza per non aver potuto crearsi una vita degna di questo nome nel Paese in cui ha le sue radici e i suoi affetti.
Questo romanzo è scritto in maniera accattivante, con uno stile che cattura e a volte diverte come con la descrizione dei meeting aziendali (veri e propri lavaggi del cervello) con dialoghi inglesizzati al limite dell'assurdo. Questo è un libro coraggioso in tempi di accettazione passiva ma comunque l'autore non vuole insegnarci qualcosa ma semplicemente raccontare e darci tutti gli spunti per riflettere da soli su questa situazione che purtroppo ci tocca tutti da vicino.

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Aldo Nove "Mi chiamo Roberta, ho..."
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Commenti

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Con la tua bella analisi Iuvina mi hai fatto ricordare "E poi siamo arrivati alla fine" di J. Ferris...che patema la storie dei licenziamenti e dei soprusi sul posto di lavoro!
BRAVISSIMA! Bella segnalazione Luana...
In effetti le rette sghembe possono anche avvicinarsi, ma non si incontrano mai in un punto...ad ognuno quindi la sua strada, come risulta nel libro.
Pia
Grazie Pia e Gracy per i vostri commenti! Questo libro fa parte di un percorso di lettura per me molto importante quello sul nostro futuro. Ogni segnalazione mi è utile :)
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