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Le catene dell'anima
Rabbia intensa, tristezza, indignazione, dolore, odio profondo ma, più di ogni altra cosa, tantissima angoscia e un forte senso di oppressione. Ecco ciò che mi ha lasciato questo libro.
Perché questo è un romanzo che non si dimentica facilmente, lascia cicatrici indelebili nella mente e nell’anima che non andranno mai via. E’una mano gigantesca che ti afferra, ti stritola per non lasciarti più. Ed è ancora più terrificante sapere che alcuni dei fatti raccontati sono autobiografici.
“Sto bene è solo la fine del mondo” non è altro che la rappresentazione cartacea di quelle catene morali e invisibili che avvolgono certe persone negando loro la libertà, offuscando una personale vista del mondo e togliendo quello che hanno sempre conosciuto.
Ed è proprio quello che si trova a vivere Giuliano che non soltanto deve affrontare le quotidiane ire di un padre violento, alcolizzato e frustrato dalla vita, dal lavoro e dal disagio della povertà, ma, appena bambino, verrà costretto, insieme ai suoi cinque fratelli, dalla madre ad aggregarsi alla “Società”, una setta religiosa paragonabile agli odierni Testimoni di Geova (anche se l’autore non menziona mai la suddetta religione in maniera esplicita e a me è piaciuto credere che potesse trattarsi di una dottrina qualunque).
Per Giuliano, inizia così una vita nuova, che intraprende per l’amore smisurato nei confronti della madre Assunta, una donna molto sola e fragile che nella Società trova la compagnia e le consolazioni che la vita le ha sempre negato (anche se, devo essere sincera, con la sua ossessione a dir poco esagerata per i precetti della religione mi è risultata davvero una grandissima rompiscatole, per non dire una parola peggiore).
Il protagonista dovrà perciò sopportare innumerevoli cambiamenti, infinite rinunce, ma in particolare angosce, dubbi e paure: ogni giorno la fine del mondo potrebbe essere vicina e solo chi si comporta impeccabilmente secondo le regole della Società, senza mai commettere il benché minimo peccato dettato da Satana, potrà salvarsi e ottenere la vita eterna il cui terrore di non raggiungerla è perennemente costante in lui.
Non esistono più giochi, feste, amicizie come nel passato della sua seppur breve infanzia. Non esiste più il mondo. Solo la Società, che viene prima di tutto il resto.
Giuliano quindi, con le ali tarpate, forse anche leggermente incuriosito, costretto dalla madre e dalle rigide imposizioni della nuova religione, vivrà ciò soffrendo parecchio, perdendo i suoi sogni e le sue aspirazioni, provando nostalgia, assistendo a legami che mutano o si deteriorano, subendo privazioni d’ogni tipo, fino ad assuefarsi del tutto alla sua nuova esistenza, fino alla consapevolezza finale…
Quindi, che dire? Mi è piaciuto questo libro? Certo che sì, perché s’imprime con forza, lascia la traccia del suo passaggio, e fa soffrire proprio come soffre il protagonista guidato dall’affetto ma al tempo medesimo schiacciato da obblighi morali e costrizioni che difficilmente sarebbero sopportabili da parte di chiunque.
Alla fine anch’io sono stata avvolta da quelle pesanti catene e non vedevo l’ora di liberarmi, ero perfino sull’orlo della disperazione, ma ero anche felice perché non accade spesso che un libro conquisti e trascini così tanto al proprio interno.
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Bellissimo leggere il tuo gran coinvolgimento!
Pia