Dettagli Recensione
Ciò che mi aspetto dalla Letteratura
Perché un anonimo lettore qualsiasi dovrebbe ardire pubblicamente di dissentire dal coro di consensi che hanno accompagnato e continuano a seguire l’opera "Inseparabili" di Alessandro Piperno? Forse per l’invidia bruciante della notorietà che aleggia attorno al Premio Strega 2012, l’invidia, quello stesso meschino e atavico sentimento che muove molte delle azioni sconsiderate dei personaggi di questo romanzo?O forse solo perché banalmente un lettore, da fruitore del prodotto, può rivendicare legittimamente la sua delusione dopo aver impiegato non dico risorse economiche, ma intellettuali e tempo per immergersi a fatica in un libro che attendeva di leggere con ansia, perché seconda parte di una storia, quella di Leo Pontecorvo, che l’aveva vertiginosamente coinvolto nel precedente romanzo “Persecuzione”?
Che dire, dunque, di questo “Inseparabili”? Parafrasando lo stesso Piperno, vorrei poter dire che anche questa volta la letteratura ha trionfato con i soli strumenti di cui dispone: beffa, ironia, mistero, e aggiungerei , irresistibile forza empatica. Ebbene, come ho già detto, quello che il fine narratore è riuscito a creare nel primo romanzo, “Persecuzione” dietro le vesti del misterioso narratore onnisciente del dittico del “Fuoco amico dei ricordi”, a mio parere, non si rigenera nella seconda opera, che ho trovato forzata, dilatata, non altrettanto spontanea. Davvero “Persecuzione” avrebbe meritato l’ambito Strega, non questo modesto, non necessario sequel. I personaggi che ritroviamo nel seguito della vicenda dei Pontecorvo non sembrano coerenti e veramente frutto di un progetto più ampio, non si coglie l’unicità di intenti e caratteri delle trilogie tragiche greche, cui sembrava, secondo me, rifarsi per certi versi il dittico di Piperno, soprattutto nella concezione delle ancestrali colpe generazionali; ho avuto come l’impressione che certi atteggiamenti, certe espressioni, certi dialoghi , a volte ai limiti della fiction televisiva, dei protagonisti venissero fuori così, “ex abrupto”, senza che il lettore potesse cogliere un filo conduttore nel dispiegarsi delle vite di questi personaggi. A eccezione di Rachel, che mi pare mantenga continuità di carattere e agire tra i due romanzi, Filippo e Samuel adulti, a mio giudizio, non sono tratteggiati in modo uniforme e meditato; trovo l’insistenza di particolari sulla sessualità un po’ stucchevole, a tratti disturbante. Stando all’assunto di base delle colpe dei padri che si abbattono sui figli, e viceversa, era ovvio che l’evento scatenante la tragedia di questa famiglia avrebbe reso contorte e oppresse le esistenze degli eredi “colpevoli”, tuttavia l’indugiare su particolari morbosi e sulle pieghe nevrotiche e disgreganti dei personaggi non mi ha reso la lettura piacevole e spedita. Il non dire, l’alludere, il far intuire, spesso sono cose che ho rimpianto in questo libro. Ma si sa, è una questione di stile. Ma anche a proposito di stile narrativo, rispetto al primo romanzo, questo di “Inseparabili” mi è parso meno incisivo e studiato. Ho ritrovato un po’ di pathos narrativo proprio, e solo, nelle parti in cui si sviluppavano i riferimenti analettici alle disavventure di Leo Pontecorvo narrate nel precedente romanzo e particolarmente emozionante la parte finale, quella in cui si affrontano nell’atto finale, come su un palcoscenico, come dice lo stesso autore-narratore, Rachel, Filippo e Semi.
Ma la coda della storia, per carità, inorridisco all’idea, potrebbe far pensare a un terzo episodio della saga?
Insomma, forse l’intenzione di Piperno era proprio quella di comunicare lo squallore e la perdizione senza fine dei “sopravvissuti” alla catastrofe di Leo Pontecorvo. Se questo era tra gli intenti, la storia è più che riuscita. Mi sento, quindi, di consigliarlo solo a chi cerca la catarsi rispetto alla sua stessa vita per ciò che riguarda le contorte dinamiche genitori –figli -fratelli, per chi volesse esorcizzare, oltre a ciò, il senso di delusione e smarrimento di fronte alla moderna società, schiacciante e sempre più prevaricatrice dell’universo privato … e forse per tali ragioni “Inseparabili” potrebbe forse consigliarsi a molti.
Ma non mi sento di consigliarlo a quanti, come me, anelano alla Letteratura, torno a ripetere, sempre riprendendo Piperno, in termini di beffa, ironia, mistero, e aggiungerei , irresistibile forza empatica.
A riprova che nutro grande ammirazione per l’ingegno di Alessandro Piperno, mi sento, invece, di consigliare un suo pezzo bellissimo, apparso su “La lettura” della domenica del “Corriere della sera” del 13 maggio 2012, “Il mio segreto triestino”, ( da cui ho tratto la citazione di Piperno presente in questo mio intervento): una lezione veramente magistrale sul potere della letteratura, testo che ho condiviso con i miei studenti di una terza liceo classico; i ragazzi ne sono rimasti incantati.
Era questo stesso incanto che speravo di trovare in “Inseparibili”.
Fabio Celentano da Lecce