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ALL'INSEGNA DELL' INSODDISFAZIONE
Il tema sul quale si articola il romanzo è l’insoddisfazione. Sensazione strisciante che avviluppa tutti i personaggi.
Anche a me come lettrice è rimasta una sensazione simile al termine della lettura.
La scrittura è semplice, ricca di dialoghi, le descrizioni dei luoghi sono quasi inesistenti, molti i pensieri messi su carta, che affollano le menti delle due protagoniste principali:
Tea, giovane attrice di successo, sposata ad un “regista” di teatro, molto più maturo di lei ed eternamente in crisi;
Erica, impiegata di banca, con un marito e due figli.
Cosa lega le due donne? Si incontrano, semplicemente nel Supermercato vicino casa e si studiano, e valutano ognuna il contenuto del carrello dell’altra, così da poter immaginare la personalità e la vita che si cela dietro a determinate scelte alimentari.
Il punto di partenza è comunque l’insoddisfazione che si annida nell’animo e nella mente di entrambe, così da vedere nella diversità dell’altra una vita idealmente felice e soddisfacente (cosa che non è in realtà).
La domanda che ha assillato me come lettrice è di una banalità estrema: Cosa manca ad ognuna di esse per ritenersi fortunate e soddisfatte?
Non voglio perdermi in migliaia di luoghi comuni, ma, per Tea, molto ha significato crescere in una famiglia dove il lavoro ed il guadagno erano al primo posto, lo sforzo immane di crescere discostandosi da una vita già prescritta, lontana dalla ditta paterna è già stata un grande merito, ma ha minato la personalità sensibile della ragazza facendola diventare un’adulta insicura che si “punisce” per le scelte fatte sposando un uomo narciso che immancabilmente sottolinea quanto i pensieri, i gusti, le parole di Tea siano banali ed inadeguate, davanti alla sua arte eccelsa.
Erica invece, si scontra con la quotidianità del suo rapporto di coppia, una frase sussurratale da una collega durante una rapina avvenuta presso il suo luogo di lavoro: “Ma tu ci pensi Erica? A tutte le esistenze che potrebbero farci felici, se non fossimo sempre alle prese con la nostra?” fa scattare in lei la scintilla del dubbio, così si rimette in contatto con i suoi vecchi compagni delle superiori via computer, ed ecco che comincia a ”sopravvivere” tra le mura domestiche….
Non amo il piangersi addosso, non amo il vittimismo. Questa mia connotazione del tutto personale, probabilmente non mi ha fatto apprezzare appieno i personaggi tratteggiati dall’autrice, che li fa apparire come in gabbia, senza una minima assunzione di responsabilità nei confronti di quello che provano e scelgono di fare. Non c’è un minimo di autocritica, solo insoddisfazione e senso di colpa…. E poi?
Non ho empatizzato con nessuno di essi.
Il finale è insulso a mio parere, almeno per quanto riguarda una delle due protagoniste.
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