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Il mistero dell'ermellino
 
Il mistero dell'ermellino 2013-06-03 08:04:11 Zine
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Zine Opinione inserita da Zine    03 Giugno, 2013
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La trappola dei ricordi

Oggi vi parlo del romanzo di una mia concittadina, Giuse Iannello, una storia che unisce il mistero storico a quello – forse più prosaico, ma sempre attuale – del funzionamento del cuore femminile. “Il mistero dell’Ermellino”, edito da Albatros, narra la storia di Marisa, una donna arrivata alla soglia dei cinquant’anni e invitata ad una cena di coscritti, organizzata all’interno della Cavallerizza del castello di Vigevano. Qui, tra volti noti che non vedeva da tempo, slideshow di vecchie fotografie e pettegolezzi altrui, il suo passato la riassale, portandola agli eventi che hanno segnato la sua giovinezza e, a conti fatti, tutta la sua vita.
Marisa ricorda il primo, vero amore per Marco, un giovane musicista da cui viene lasciata in favore di un’altra donna, una relazione in cui lei aveva posto tutte le sue speranze e che l’ha marchiata per sempre con un senso indefinito di insoddisfazione. Anche la sua passione per la scrittura viene incanalata solo in parte nella direzione desiderata, quando accetta di lavorare per il signor Bardogli, appassionato di Storia, nell’antico edificio conventuale in Corso Milano.
Proprio in quel luogo, la sua vita cambia…o, quantomeno, si trova a un punto di svolta. E’ lì che conosce Mauro, un uomo che farà di tutto per trovare un posto nel cuore di lei. E’ lì che comincia a farsi domande su se stessa, su coloro che la circondano e sui limiti che lei stessa si pone nel rapportarsi agli altri. Proprio nel convento, infine, verranno ritrovate alcune pergamene risalenti al Rinascimento, vergate da un frate domenicano che narra della propria missione volta a recuperare il corpo del defunto Ludovico il Moro, la cui sepoltura rimane ancora oggi sconosciuta. Questo ritrovamento la coinvolgerà in un’indagine densa di mistero, che chiederà una scelta a suo modo coraggiosa.
Grazie a questo percorso della memoria, la Marisa del presente riesce finalmente a giungere alla risposta che tanto ha cercato. Ma non sarà troppo tardi?
La prosa di Giuse Iannello è fresca, molto scorrevole, caratterizzata dalla capacità di descrivere in maniera “pittorica”, consentendo cioè al lettore di visualizzare con vivida nitidezza quanto descritto senza trovarsi oberati di dettagli. La storia si dipana attraverso le portate di una cena; ogni episodio, quindi, è preceduto dall’arrivo di una pietanza, descritta in modo tale da esaltarne sia l’aspetto estetico che quello papillare, palesando l’intenzione di sottolineare l’importanza del cibo a livello sia sensoriale che sociale, come momento di aggregazione. Grazie a entrambe le sollecitazioni, infatti, Marisa affonda nei propri ricordi e ne pesca le risposte giuste.
Il romanzo è molto sensoriale, con un’insistenza non spiacevole su sapori, suoni, odori e colori. D’altra parte, l’autrice si dedica anche alla produzione artistica, e questo probabilmente ha contagiato il suo stile letterario.
La pecca sta nei dialoghi, che di quando in quando tendono a diventare forzati, didascalici. La necessità di fornire molti dettagli storici al lettore ha generato frasi eccessivamente prolisse e formali, con un uso del linguaggio adatto più al testo scritto che alla conversazione.
L’ambientazione, come già detto, è Vigevano, città un tempo di fervente attività e ora chiusa nella propria sonnolenza, caratterizzata però da un passato storico rilevante. Essa è stata dimora di pregio dei Visconti e degli Sforza, che vi hanno tenuto corte in quello che è ancora oggi uno dei più grandi castelli d’Europa. Giuse Iannello fa omaggio alla propria città e al suo coinvolgimento nei grandi fatti della storia, parlando di situazioni e luoghi cari a ogni vigevanese; crea un’atmosfera di “casa” che ammorbidisce il romanzo e gli dona un che di caldo, di accogliente, anche per chi non conosce i luoghi della narrazione.
Altro tema portante è la valenza del ricordo, che si trasforma facilmente in trappola se vi rimaniamo morbosamente attaccati. Il passare del tempo distorce le cose e porta all’idealizzazione di ciò che si è perso, impedendoci di vivere un’esistenza completa. Marisa dovrà fare i conti proprio con questo fossilizzarsi dell’anima e trovare il coraggio di guardare avanti, portando con sé le proprie esperienze senza rimanere a fissarle, impietriti e nostalgici, per il resto della vita.
Una gradevole variazione sul tema del mistero storico. Rimaniamo in attesa di una seconda opera.

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