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U carannuluni
Il titolo, innanzitutto: un concentrato di ironia e di verità beffardamente rivelata e taciuta.
In effetti, protagonista del romanzo è Giovanni, quarantenne siciliano con una particolare predisposizione alla pennichella pomeridiana, servito e riverito dalle tre sorelle zitelle.
Nel tempo libero dal riposino e dal lavoro in un negozio di stoffe, dove si impegna «ad aiutare con gli occhi» lo zio e i cugini, Giovanni insegue «la donna» per le strade di Catania in compagnia degli amici, andando in visibilio per uno sguardo indifferente, un centimetro di pelle scoperto, un contatto casuale: «Non posso guardare nemmeno una caviglia che... uhuuuu!». Molte chiacchiere e pochi fatti, in realtà, ma che importa? Nella città siciliana «i discorsi sulle donne davano maggior piacere che le donne stesse».
Del resto crogiolarsi nella contemplazione di una bellezza può essere altrettanto piacevole che allungare la mano per afferrarla, e sicuramente meno faticoso.
L'amore per una «continentale», il matrimonio e il trasferimento a Milano stravolgono le sue abitudini: non più abluzioni mattutine con acqua bollente, ma docce fredde, poco cibo e ginnastica svedese, fino a far sparire stoicamente la tentazione di strusciarsi contro i caloriferi e di imbacuccarsi. «Tu sei un altro!» esulta la bellissima moglie.
«L'altro», tra insipide scappatelle ed un solido amore coniugale, non sembra infelice, guarito persino dalla fregola dei lunghi anni da scapolo. Fino al ritorno alla terra d'origine per un breve soggiorno: «Facciamo una corsa in Sicilia, e torniamo subito!».
Tornerà Giovanni? Già passato lo Stretto, il lettore è avvolto da odori e voci ammalianti, da tutto un turbinare di spezzoni di vita nel sole di maggio, tra alberi di pepe, casse di zolfo e scorze di limone sulla strada bagnata. C'è il lauto pranzetto cucinato dalle sorelle, la vecchia stanzetta che lo accoglie, quel gradevole brivido di freddo che lo induce a mettersi solo per un momentino sotto le coperte... ed ecco che ritornano i pensieri ardenti di un tempo, «un'onda di sangue calda e mormorante», e un lungo sonno ristoratore.
«U carannuluni», volatile esausto e privo di meta, è tornato a casa.
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Commenti
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Ahahahaha !
Bella recensione, Cristina.
Che roba e' u carannuluni ?
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