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VIOLA FROM SPOON RIVER
Cuore cavo è “una caverna franata del nostro petto,in fondo alla terra e lo si ingoia” per riutilizzzare uno dei tantissimi passaggi lirici che gorgheggiano in queste pagine e di musica in questa pulsante narrazione ce n’è davvero parecchia.
E’ un libro che lascia qualcosa di dolcemente reale,di evanescentemente palpabile forse anche lui stesso diviene,una volta terminato, un fantasma che sfiora le tue ciglia mentre tu non puoi più accarezzare la sua copertina,forse sta ancora bisbigliando e continuerà a farlo e sarà più incisivo di tutto il frastuono.
Dorotea la protagonista e non di questo libro,decide di uscire dalla vita per ritrovarsi a rientrarci a braccetto con la sua negata fisicità post-mortem con tutte le emozioni,pensieri,trepidazioni,congetture e ragguagli meditativi e melanconici che la fascinazione di un argomento che sfida l’uomo dalla sua stessa nascita sulla terra porta con sé
Per questo tema è davvero funanbolico riuscire,per me,in questo momento a scrivere una recensione,perché l’ampiezza é davvero di difficile compressione,come è davvero degno di nota che una scrittrice cosi giovane sia riuscita a dargli lo spessore frastagliato e la sensazione stratificata,fino ad arrivare alla più precisa archeologia necrofiliaca per dare ancora meno e al contempo più importanza al nostro io,alla nostra esistenza e a tutto ciò che la crea e la distrugge.
Il corpo che si sfalda e mentre ne viviamo il completo sfacelo e mentre noi stessi ci sentiamo mangiare dalla morte fisica,percepiamo l’essere cibo per la vita stessa,il dolore ci ha reso carne putrefatta,il piatto succulento di batteri e vermi e famelici di essere,questa voracitàci stringe in un abbraccio cannibale.
Il vuoto di stomaco per l’essenzialità,il valore aggiunto sopra la terra che ci nasconde ai ricordi e diventa l’incognita e la continuità del precipizio su noi stessi.
“Era una liberazione,essere finalmente fuori di me:da viva passavo troppo tempo dentro di me,segregata nel freddo monolocale del mio cervello,con tutte le finestre rotte e le serrature da oleare.Soffocavo nell’aria viziata della mia infanzia,coinquilina di tutte le me del passato senza avere le chiavi di casa.Delle me ancora vive e di quelle decrepite e di quelle già morte,a scambiarmi con loro i vestiti e la pelle ad appendermi ai lobi i loro vermi.
L’introspezione è necrofilia”
Lo stile è persuasivo ma a tratti mi ha dato l’impressione di essere troppo ricercato,come forzato,lasciandomi a volte una pastosità artificiosa e ho sentito la mancanza dell’ironia nera del precedente romanzo a parte qualche breve sprazzo come l’Oroscopo dei morti.
Questo libro è già il nutrimento del suo fantasma guardingo,chissà cosa penserà di se stesso osservando la sua copertina sgualcire a noi non resta che l’illusione di averlo letto a nostro modo.
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Commenti
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Pia
Fingo di non avere letto il titolo, io e Spoon River proprio...!!!
:-)
@Cuby..ti piace giocherellare tra gli epitaffi? ;P
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