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LA PAURA DELLA DIVERSITA'
Shirin e Giacomo vivono in Francia, si incontrano ed è amore.
Giacomo Musso è italiano originario di un paesino di poche anime del Nord Italia, Shirin è di origine Iraniana.
Tutto sembra andare per il meglio per la giovane coppia, che decide di trasferirsi nel paese di origine di Giacomo, nella casa di famiglia. I lavori di ripristino e rinnovamento dei locali, il nuovo lavoro di maestro elementare di Giacomo, con una classe mista di bambini dalla prima alla quarta, la gestione della statistica delle vendite per la filiale italiana della ditta per cui lavora Shirin, riempiono di fatto le giornate dei due giovani sposi. L’ingresso di Shirin nel Coro tradizionale di canzoni dialettali dove ha sempre cantato Giacomo, assume per la giovane un significato immenso. La donna si sente totalmente ed incondizionatamente accettata dalla comunità locale, e vive serena ed entusiasta nel nuovo paese.
“Troppo bello per essere vero” direte voi, ahimè sì! La favola deve avere per forza anche i personaggi “cattivi”, che si chiamino “uomo nero” o “strega”, non importa; sta di fatto che l’allontanamento di Shirin dal coro, in seguito a espressa richiesta del Sindaco leghista di un paese vicino, che accetta l’intervento del gruppo solo se viene rispettata questa clausola, è la scintilla che fa divampare il fuoco dell’intolleranza e dell’odio reciproco.
Di colpo la giovane capisce che la sua non è mai stata effettiva e completa integrazione, ma semplice accettazione di una situazione in nome delle origini e conoscenze del marito.
Non svelo altri particolari della trama, se non il fatto che la storia viene narrata attraverso una specie di “memoriale” che il marito Giacomo scrive dal carcere, sulla base di diverse fotografie che parlano della storia con Shirin. La donna è morta.
La trama ti avviluppa nelle sue spire, la scrittura è fluida e ricca, i personaggi sono posti in essere con un solo scopo: parlare di razzismo, di odio,di mancanza di dialogo tra le varie etnie.
La riflessione è d’obbligo a questo punto.
Non sono d’accordo con l’idea dell’autore: “l’ateismo è la sola religione di pace”.
Come condivido invece ciò che pensa in altri momenti: “L’odio non si controlla;l’odio rompe gli argini e dilaga, si alimenta di se stesso e travolge tutto.Chi semina il vento (da qui il titolo del libro), raccoglie tempesta.”
La soluzione non rientra nella globalizzazione intesa come spoglio delle proprie tradizioni di popolo, per un omologazione impossibile ed ingiusta. La soluzione rientra in una sola, preziosa, meravigliosa parola, che anche nel nostro piccolo spesso disattendiamo. Il rispetto.
Rispetto delle tradizioni e credenze, rispetto delle regole che ogni luogo determina per un vivere civile e tolleranza reciproca che alla fine può portare solo ad una grande cosa: l’arricchimento della nostra anima.
Spesso l’uomo preferisce rimanere “povero”, ed arroccato su convinzioni che basano il loro esistere sul nulla.
Bravo l'autore infine a trattare una problematica così attuale e così dilagante. Anche personalmente mi sono ritrovata "sbeffeggiata" come Giacomo, credendo che l'Iran da sempre avesse una cultura retrograda, quando in realtà così non è....
Ringrazio tantissimo Gracy che gentilmente mi ha prestato il libro.
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Commenti
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complimenti per la rece qcugina! ;)
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Una curiosità...è una storia vera?
Pia