Dettagli Recensione
Il lavoro spaventoso
Moravia non è mai stato molto clemente con questo romanzo, definendolo un “lavoro spaventoso” di oltre cinque anni, un pensum di contenuto dostoevskiano con la scrittura manzoniana. Di questo turbine di parole salva solo Andreina, che per lo meno le è servita per liberarsi de Gli indifferenti, prima di arrivare ad Agostino.
Questo romanzo, che definirei un enorme testo di teatro, è fitto fitto di dialoghi, stanze buie, poche uscite all’aria aperta e solo in tassì; è un esemplare unico nella narrativa dello scrittore, in cui non c’è il solito personaggio primadonna, ma tanti umani sfaccettati e verissimi, in cui i protagonisti non ragionano troppo ma vivono secondo la propria coscienza, e in cui c’è una donna, Andreina, costruita con una tale empatia da rimanere impareggiabile anche fra le scrittrice femmine.
Moravia, che ha la penna leggera, qui si lascia andare a un po’ di pesantezza, alle frasi lunghe e alle descrizioni corpose, ma che si incastrano a meraviglia con il procedere di questo racconto un po’ giallo.