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Riflessioni amare
Dacia Maraini Il treno dell’ultima notte
“Ogni treno in fondo passa verso il regno dei trapassati”
Questo è in ordine cronologico l’ultimo libro della scrittrice, sulla copertina è riportato il dipinto“The Disasters of War”di Gottfried Helnwein e, infatti, lo sfondo della storia, in periodo di guerra fredda ( la guerra è finita da 11 anni), è il dramma degli Ebrei patito nei campi di sterminio. All’inizio del libro sono trascritte alcune righe del romanzo “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad “Mi chiesi cosa ci stessi a fare là, con un senso di panico nel cuore…mi sembrò di sentire quel grido sussurrato: Che orrore! Che orrore”!
Dacia Maraini ambienta la sua storia nel 1956, tra Firenze,Vienna, Auschwitz e a Budapest mentre scoppia la rivolta contro i sovietici e dove le rovine e gli orrori della guerra bruciano ancora, la fame e le aspirazioni di libertà sono in fieri. E’un romanzo in cui l’indicibile, le atrocità, ancora una volta ci travolgono come quando noi lettori ascoltiamo insieme ad Amara, la giovane protagonista, il racconto di Emanuele sopravvissuto ad ogni abiezione: morto più volte e risorto, ma rovinato nel fisico e nella psiche dalla inumana esperienza vissuta La trama, in breve: Amara ed Emanuele, vivono a Firenze, sono due ragazzini avvinti da un legame forte che la deportazione di Emanuele, di famiglia ricca ebrea, spezzerà per sempre. Amara andrà alla ricerca di lui, custodendo, con ossessiva cura, le sue lettere che ad un certo punto si interrompono e di cui non saprà più nulla e scoprirà la sua nuova identità; del ragazzo della sua fanciullezza non è rimasta nessuna rassomiglianza, ma un morto tra i vivi guastato in maniera indelebile dalle nefandezze viste e vissute. Emanuele, diventato Peter, è corrotto e degradato nel fisico e nell’animo, così erano resi gli Ebrei dai loro aguzzini nazisti, come loro, per togliergli la stima di loro stessi; dei sopravvissuti svuotati di sentimenti…di pensieri…dentro; l’orrore diventa il loro giudice implacabile che li annienta e li distrugge inesorabilmente: l’annichilimento totale. Il treno che dà il titolo al romanzo è quello su cui viaggia Amara attraverso l’Europa dell’est, ancora in faticosa fase di ricostruzione e in misere condizioni, alla ricerca del suo amico d’infanzia, simile al treno che trasportava gli Ebrei ignari verso il loro fatale destino e metaforicamente è quello che traghetta noi tutti verso l’ignoto, come suggerisce il libro, nella quarta di copertina. La spietatezza della guerra, le nefandezze dei nazisti, l’ottusità pervicace dei sovietici danno il senso della follia umana e dell’insensatezza di chi governa e manipola le folle. Dacia Maraini, attraverso l’odissea di Amara, ci trasporta in un periodo storico non del tutto disvelato, dove ancora ipocrisie e menzogne formano un sottile strato di opacità. I carri armati russi che invadono Budapest in rivolta e sventrano le case e sparano uccidendo migliaia e migliaia di Ungheresi; dopo il rapporto Kruscev del xx Congresso sembrava che i Russi non avrebbero fatto un’opera di repressione, un’iniziativa dispotica verso un altro paese socialista, dove tutto il popolo magiaro era sceso in piazza, con tutti gli operai che loro veneravano tanto, in testa. Dacia Maraini riesuma scheletri dall’armadio dell’ex partito comunista italiano in cui Togliatti, capo del partito, stette dalla parte del PCUS. Il comunismo, il partito unico, la dittatura del proletariato, il gran leader …il potere corrompe, ma il potere assoluto corrompe assolutamente. Tutti sogni infranti, la Grande Illusione catalizzatrice di milioni di persone, un Grande Inganno! Il romanzo si chiude con una sorta di speranza. La vita, pensa Amara, è un perverso correre verso un ignoto giocoso e irreale, nel viaggio di ritorno in Italia, in treno, dopo i fatti di Budapest, il ritrovamento di Emanuele, la sua deriva, il futuro si apre davanti a lei come un fiore precoce che ha sentito il primo raggio di sole, ma potrebbe rimanere congelato sul ramo. Perché la primavera non è ancora arrivata e quel raggio di sole l’ha ingannata. E’ uno di quei libri che dà l’opportunità al lettore di poter fare una pausa di riflessione “amara” come il nome della protagonista, ma di realizzare ancora una volta che l’esperienza dovrebbe insegnare a non ripetere gli stessi errori: non sempre il passato è nostalgico.