Dettagli Recensione
Umanità o crudeltà?
Romanzo ambientato nella Sardegna degli anni ’50.
La protagonista è Bonaria Urrai, l’accabadora, cioè colei che pone fine alle sofferenze degli anziani malati terminali, donna saggia, riservata e dall’aspetto austero.
È un lavoro notturno gratuito, sussurrato ed invocato nei momenti di dolore e disperazione.
Ma Bonaria non è sola, ha una fill’e anima di nome Maria, che nulla sospetta della seconda occupazione della madre adottiva, di giorno sarta, fino a quando una tragedia porta tutto a galla.
Come può spiegare la propria missione di ultima madre che una persona vede prima del trapasso? Non riesce a farlo, tanto che Maria fugge a Torino per rifarsi una nuova vita.
Ma i conti in sospeso devono essere saldati e la figlia d’anima tornerà a metter mano al destino dell’accabadora.
Ringrazio chi me lo ha prestato.
Tratta un tema delicato, l’eutanasia, con umanità, pietà e senza pretese.
L’autrice inserisce alcune espressioni e tradizioni sarde, ma non intralciano la lettura, anzi la caratterizzano. L’inizio è lento e calmo, si lascia godere.
La figura dell’accabadora, per alcuni leggenda e per altri realmente esistita, incute un timore reverenziale.
Un libro che merita di essere letto, scatena emozioni e riflessioni; anche la copertina, secondo me, cattura l’attenzione del lettore.
“Perché il lutto di una famiglia risvegliava la memoria mai sopita di tutti i lutti passati”
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