Dettagli Recensione
L'ultima mossa
Che magia la scrittura. Che meraviglia la lettura. Che incredibile esperienza farsi rapire da una storia e ritrovarsi a riflettere sulla vita.
Voglio però prima di tutto sgombrare il campo ad equivoci che potrebbero scoraggiare qualcuno a prendere in considerazione la lettura di questo breve, ma intenso romanzo: io non sono un giocatore di scacchi, ma la cosa credetemi ha davvero poca importanza. La potenza della storia non per questo viene meno, anzi, mi ha colpito in pieno, iniziando con una apertura decisa, continuando con un gioco costantemente sul filo di lana ed infine chiudendo con uno scacco matto su cui c’è poco da discutere. Mi ha battuto, steso, lasciato attonito.
Si tratta di un racconto pieno di pathos in cui due uomini si confrontano in una partita a scacchi lunga tutta la loro vita, fino alla inevitabile resa dei conti. Una partita che attraversa l’Europa della Seconda Guerra Mondiale e che siamo invitati a ripercorrere salendo su un treno che da un punto di vista meramente geografico ci porterà da Monaco a Vienna, ma che in realtà ci farà fare un viaggio di ben altro tipo.
Il gioco degli scacchi è un’arte, si tramanda di generazione in generazione e dopo le prime partite può diventare una vera e propria ossessione, un modo di vivere o di estraniarsi, un modo di relazionarsi con il prossimo umiliandolo od onorandolo, un modo di salvare una vita o di distruggerla volgendo il pollice su o il pollice giù. Terribile.
Un romanzo che fa indubbiamente riflettere, sia per l’ossessività che può generare il gioco in sé, sia per la drammaticità ed il cinismo che emergono dalle pagine sull'Olocausto.
Leggendolo mi sono tornati in mente un libro ed un film. Il primo è “Le braci” di Marai per la struttura del racconto ed il confronto/scontro tra i due protagonisti. Il secondo è “La vita è bella” per la metafora che Benigni usa per condannare l’assurda (totale mancanza di qualsivoglia) logica che muoveva i nazisti: quando il dottore, amico di Benigni con cui giocava agli indovinelli prima dello scoppio della guerra, lo ritrova nel campo di concentramento in cui è ufficiale nazista, la sua unica preoccupazione è di risolvere un indovinello per cui ha bisogno dell’aiuto di Benigni. Non gli passa neppure per l’anticamera del cervello il pensiero che è il suo amico ad avere bisogno di lui, non lo sfiora neppure da lontano il sentimento di solidarietà per lo stato disumano in cui si trova e che è solo la follia della Guerra ad averli posti su due piani diversi. Sono due uomini, hanno pari dignità ed invece la Guerra ha deciso che uno è l’Essere umano con la “E” maiuscola, mentre l’altro non è niente.
Come spesso accade per tutte le sue forme (scrittura, pittura, cinema, ecc., fate voi), la forza dell’arte rende immediata e potente l’immagine di qualsiasi cosa, anche la più brutta che sia mai stata concepita.
Non sono uno scacchista, ma questo romanzo mi ha colpito lo stesso…forse perché in fin dei conti sono solo un essere umano con la “e” minuscola.
Leggetelo, non vi lascerà indifferenti.
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E' un romanzo particolare ed intenso.
Non tutti i lettori riescono a coglierne le sfumature.....
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