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Io siamo noi
È l'esposizione ordinata di fatti e avvenimenti del passato dell'autrice quali risultano da un'indagine critica, letteraria e lessicale volte ad accertare sia la verità di essi, sia le connessioni reciproche per cui è lecito riconoscere in essi un'unità di sviluppo. Storia familiare, dunque, della scrittrice in una Torino d'inizio secolo, precisamente il periodo che va dagli anni venti agli anni cinquanta. Natalia, ultima di cinque figli, è la voce narrante che, col fascino della fanciullezza e il rispetto della verità, ripercorre con la mente una successione di avvenimenti passati le vicende dei suoi cari e ne fissa il linguaggio, i motti, i modi di dire e le abitudini radicate. Molti sono i protagonisti, primo tra tutti è il padre Giuseppe Levi: la casa riecheggia delle sue urla e delle sue risate. Tenero e dispotico non tollera le cattive maniere e mal sopporta i modi goffi e impacciati della sua cerchia. Tentare un breve riassunto non è cosa facile: è una storia che ruota su se stessa, proponendo a brevi intervalli lo stesso fraseggio che lentamente conquista il lettore, col risultato di divenirgli intimo, consuetudinario, amichevole e cordiale. Vengono annotate con distacco le liti tra i fratelli, i primi amori della sorella, le leziosità della madre. Casa molto frequentata quella dei Levi: ci vive anche la domestica a volte affiancata da una sarta chiamata dalla padrona di casa per la confezione di abiti. Sono numerosi gli amici di famiglia, tutti quanti chiamati per nome. È un elenco ampio e sorprendente il salotto di casa Levi: riunisce il fior fiore del mondo intellettuale, Torinese e non d'allora. Alla narrazione delle vicende fa da sfondo la storia: si ha l'ascesa di Mussolini, le leggi razziali e la Resistenza. Temi che vengono affrontati con naturalezza e pudore, soprattutto la prigionia del padre e la morte del primo marito della Ginzburg, la quale riesce a conservare freschezza e semplicità tipiche della sua narrativa. Tra autobiografia e memoria il libro è un insieme di ricordi che il trascorrere del tempo rende labili e imprecisi. Viene riprodotto e lanciato un messaggio chiaro da parte dell'autrice a fronte della frantumazione e dispersione familiare causati dalla guerra, dai lutti, dalla separazione e dalla lontananza: quello delle frasi, del linguaggio, di tutte quelle espressioni che sorreggono e fanno riconoscere l'un l'altro i membri del clan. Questa pronuncia di locuzioni ha capacità d'unione , di serenità, d'aggregazione degli antichi rapporti della vita trascorsa, la coscienza di un nucleo familiare che cessa d'esistere, ma grazie alle parole sopravvive nel tempo. È il linguaggio il fondamento della famiglia, esiste finché viviamo, si ricrea e resuscita nei posti più reconditi, impensabili e lontani della terra. È proprio questo messaggio inequivocabile, i nostri fratelli, i genitori, gli amici che sono i testimoni di quello che siamo stati e che ora non saremo più.
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